Che odore ha la tristezza? Acre, come quello dei pennarelli per scriverla sui lenzuoli. E la rassegnazione che colore ha? Grigio, come quella maledetta piazzetta macchiata di rosso sangue, malcelato dai fiori e da um rosario. E la speranza che sapore ha? Dolce e amaro, come il lento deglutire di un prete-uomo che vuole dare coraggio a tutti, ma che deve trovarlo lui, prima degli altri. Ieri mattina Bronte sembrava quasi “congelata”. Appena uscita dalla notte della follia, sospesa fra il giorno dell’incredulità e il pomeriggio del dolore. Oggi, infatti, alle 16,30 nella chiesa della Madonna del Riparo, ci saranno i funerali di Matteo Galati. E tutto il paese – in un giorno di lutto cittadino – saluterà il tredicenne accoltellato a morte da un altro minore (B. R., di 16 anni) domenica notte in un vicolo di piazza De Gasperi. Nel folle episodio è stato coinvolto anche un altro ragazzino, A. S., coetaneo della vittima, ferito al polso. Il baby-killer è nel centro di prima accoglienza per minori di via Franchetti, a Catania. Sulla sua giovane testa pendono le imputazioni di omicidio aggravato e lesioni.
LA RABBIA DEI FAMILIARI. Ieri pomeriggio alle 17,30 il corpo di Matteo è stato riconsegnato ai familiari, nella casa di via Messina. «Volevano restituire la salma – spiega Nunzio Meli, vigile urbano e amico intimo della famiglia – solo domani mattina (oggi per chi legge, ndr), ma per fortuna siamo riusciti ad averla nel pomeriggio. Così la famiglia e gli amici avranno il diritto di piangere Matteo nell’intimità della propria casa per qualche ora in più. Siamo tutti distrutti, è stata una tragedia, anche se non so se si può chiamare tragedia un episodio causato da un ragazzo che esce di casa con un coltello in tasca. La mamma dell’assassino ha chiesto scusa ai Galati? Sì, l’ho saputo. Ma mi sembra inutile, in questo momento. Il perdono? Troppo presto, il dolore è ancora fortissimo». L’AUTOPSIA E LE INDAGINI. La salma di Matteo è arrivata in paese poco dopo l’autopsia del medico legale, Carlo Rossitto, durata più di due ore (dalle 14,30 alle 16,45), dalla quale gli inquirenti – Carla Santocono, sostituto etneo che coordina i carabinieri della Compagnia di Randazzo e della Stazione di Bronte – attendeveno alcuni riscontri importanti. L’esame sulla piccola salma di Matteo avrebbe confermato la causa della morte («Un unico fendente all’emitorace che ha reciso tutti gli organi della parte sinistra del corpo, e in particolare un polmone e l’aorta»), attestando anche che si è trattato di «un colpo netto». Saranno anche ulteriori perizie, basate anche sull’altezza e sul peso dei due ragazzini, a dirci qualcosa di più sull’angolazione e soprattutto sulla tipologia del colpo, inferto dal coltello a scatto con una lama di cinque centimetri. Intanto migliorano le condizioni dell’altro tredicenne ferito. «È stato sottoposto – spiega Antonio Lazzara, direttore sanitario del “Cannizzaro” di Catania – a un intervento chirurgico per la ricostruzione nervosa, vascolare e tendinea. La ferita ha interessato strutture importanti per la funzionalità dell’arto senza però creare condizioni di rischio di vita o di perdita dell’arto stesso. Le condizioni generali del paziente sono buone, ma la prognosi resta riservata». E i carabinieri approfondiscono i contorni dell’omicidio. La causa che ha scatenato il litigio sarebbe una ragazzina di 13 anni contesa da due coetanei. Nei giorni scorsi Matteo, uno dei due pretendenti, avrebbe avuto una discussione con l’altro corteggiatore. Parole grosse, qualche spintone, forse anche uno schiaffo. Ad avere la peggio sarebbe stato il “rivale” di Matteo, deciso a lavare l’onta con il sangue. Per questo motivo si sarebbe rivolto a un amico più grande – il sedicenne, figlio di un pregiudicato – sollecitando il suo intervento. IL DOLORE DEL PAESE. Nell’epoca delle chat e delle bacheche di Facebook, ieri Bronte ha riscoperto i vecchi metodi per esprimere i propri sentimenti. Sui muri del paese i manifesti funebri dei carrozzieri e degli artigiani (colleghi di Rosario, padre della vittima). In piazza De Gasperi, sul luogo del delitto, un lenzuolo con angeli e cuoricini, altri mazzi di fiori e un rosario. «Angioletto nostro riposa in pace. Sarai sempre con noi. Ti amiamo», hanno poi scritto gli amici in piazza. Nel corso principale, in uno dei punti di ritrovo dei ragazzi, un altro lenzuolo: «Matteo senza di te nulla sarà come prima». E il Comune, in piazza del Rosario, ha esposto uno striscione: «La città di Bronte piange la morte di Matteo. Ma cosa facciamo affinché altri nostri figli non muoiano ancora, vittime della ferocia e dell’indifferenza che imperano nella nostra comunità?». In sagrestia incontriamo don Vincenzo Bonanno, parroco della Madonna del Riparo, che oggi celebrerà i funerali. Ricorda Matteo («Un ragazzo splendido, si preparava alla cresima, era felice al Grest, aveva tanti sogni»), confessa una paura – meravigliosamente umana – per le parole che dovrà usare oggi: «È difficile consolare un dolore che è inconsolabile». Poi lancia un messaggio di speranza: «Bronte può farcela. Ci sono centinaia di ragazzi straordinari, solo che purtroppo un albero che cade fa sempre più rumore di cento che crescono. Il male è eclatante, ma il bene c’è. Non lasciamo che la morte di Matteo sia l’ultima parola, trasformiamola nel trampolino di lancio per il riscatto del nostro paese». Parole che danno una vaga sensazione di sollievo, persino di speranza. Ma quant’è difficile crederci, sotto il cielo insanguinato di un paese che piange e non sa darsi pace.
Fonte “La Sicilia” del 04-08-2010