Il diritto di usucapione non può essere esercitato se il terreno ha natura demaniale ed è gravato da usi civici. Lo ha stabilito il commissario per la liquidazione degli usi civici della Sicilia, Giuseppe Biagio Rizzo, chiamato a risolvere un contenzioso fra un cittadino brontese e il Comune di Bronte. La querelle è iniziata addirittura nel 1994, quando un artigiano ha citato in giudizio il Comune, sostenendo di essere divenuto proprietario di un terreno di circa 1500 metri quadrati, appartenente al patrimonio pubblico, perché in esso per 20 anni ha esercitato la propria attività lavorativa, utilizzandolo come deposito. Il giudizio di primo grado è durato circa 11 anni e, alla fine, il giudice ha dato ragione al cittadino, riconoscendogli il diritto a usucapire il terreno. La battaglia a colpi di carta bollata però non era finita. Il Comune, nel dicembre del 2005, ha impugnato la sentenza davanti alla Corte d’Appello di Catania, che ha riformato il giudizio. I giudici di secondo grado, infatti, rilevarono un difetto di giurisdizione da parte del collega ordinario che, a loro dire, non aveva titolo a esprimersi sulla questione. Per la Corte d’Appello, infatti, solo il commissario regionale per la liquidazione degli usi civici avrebbe potuto pronunciarsi sulla reale natura del terreno e decidere se su di esso poteva, o meno, essere esercitato il diritto di usucapione. Il resto è storia più o meno recente. Il Comune – difeso dall’avvocato Antonella Cordaro – ha chiesto il rigetto dell’istanza dell’artigiano, sostenendo che il terreno ricade all’interno del demanio lavico di Bronte, come dimostrato anche dalle perizie richieste dal commissariato, e che nei piani di recupero questo è destinato ad accogliere attrezzature di interesse e uso collettivo. Alla fine il commissario ha emesso la sua sentenza, rigettando la domanda del cittadino appunto perché «il diritto di usucapione non può essere esercitato se il terreno ha natura demaniale ed è gravato da usi civici» e chiudendo, a meno di ulteriori ricorsi in appello, una querelle che, fino a oggi, è durata ben 18 anni.
L. S. Fonte 2La Sicilia” del 09-06-2012