Il giudice del Tribunale di Bronte, dott. Giorgio Marino, adeguandosi a quanto stabilito da una recente sentenza della Cassazione, ha assolto Giovanni Giorgio Avellina di 46 anni di Maletto dall’accusa di coltivazione di sostanze stupefacenti, perché il fatto non costituisce reato. L’uomo, infatti, difeso dall’avvocato Antonino Pillera del Foro di Catania, nell’agosto del 2004 era stato arrestato insieme con il figlio Nunziato dai carabinieri che, all’interno di un loro terreno agricolo avevano trovato piante di canapa indiana. L’Avvocato Pillera però dimostrò subito al Gip che il figlio era estraneo ai fatti, ed adesso è riuscito pure a far assolvere anche il padre.
Fonte “La Sicilia” del 24-11-2007
OMICIDIO PULICI A CESARO’ CHIESTI TRE ERGASTOLI IN APPELLO
Gli imputati sono due di Maniace ed uno di origine Brontese.
Tre ergastoli per l’omicidio di bruno sanfilippo Pulici, avvenuto nel giugno del 2002 nelle campagne di Cesarò. Li ha chiesti la pubblica accusa ai giudici della corte d’assise d’appello di Catania che stanno celebrando il processo a carico di Giuseppe Pruiti, 38 anni, originario di bronte ma residente a Cesarò, Gianfranco e Marco Conti Taguali, rispettivamente di 33 e 53 anni, entrambi residenti a Maniace. Pruiti era stato condannato in primo grado all’ergastolo, mentre i due Conti taguali erano stati assolti dall’accusa di omicidio e condannati a 7 anni di reclusione solo per il reato di associazione mafiosa. Ieri il Pm Fabio Scavone ( applicato anche per il processo in appello) ha chiesto l’ergastolo per tutti e tre, e, in subordine, per i Conti Taguali, l’inasprimento della pena almeno ad un anno in più di reclusione. I tre erano finiti in manette nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Nitor”, eseguita dai carabinieri della compagnia di S.Stefano Calastra il 9 febbraio del 2004. I fatti contestati a Pruiti e ai Conti Taguali, considerati gli esecutori materiali dell’omicidio di sanfilippo Pulici, risalgono ai primi giorni del giugno 2002. Bruno Sanfilippo Pulici stava raggiungendo la propria campagna quando, in contrada Vallonazzo, a Cesarò, fu raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco. Il giovane, nonostante le ferite riportate, riuscì a fuggire e raggiungere casa dove il padre lo soccorse portandolo in ospedale. Morì al “Vittorio Emanuele” di Catania dopo qualche giorno rivelando, prima di spirare, i nomi dei killer. Per gli inquirenti sanfilippo pagò a caro prezzo uno sgarro fatto alla cosca di Cesarò e Maniace. Lo stesso, considerato un “cane sciolto”, avrebbe addossato a qualche componente della cosca la responsabilità di alcuni danneggiamenti ed estorsioni. Fonte “La Sicilia” del 24-11-2007