Il capo dell’organizzazione era certamente Marco Scrivano, anche se tutti e tre i fratelli alla fine avevano potere decisionale. Marco attualmente si trova in carcere perché 4 anni fà era riuscito a costruire in casa una bomba ad alto potenziale, in grado di provocare una deflagrazione devastante. Non si sa ancora a cosa servisse, ma fortunatamente i carabinieri la trovarono prima che venisse utilizzata. La sua specializzazione non era la costruzione di ordigni, ma lo spaccio di sostanze stupefacenti che otteneva da 3 pregiudicati di Aci Catena Orazio Licciardello, Fabrizio Bella e Giuseppe Gurgone, ritenuti vicini al clan Ercolano – Santapaola di Catania e coinvolti in questa operazione. In verità i rapporti con i fornitori acesi con il tempo si sono incrinati. I continui sequestri di droga da parte dei Carabinieri di Randazzo hanno indebolito il potere economico del clan, che non sarebbe riuscito a pagare alcune partite. Questo non piacque ai “santapaoliani” che arrivarono a minacciare di morte gli Scrivano. Ed ecco che Marco ha trovato la soluzione: in carcere nel 2010 condivideva la stessa cella con il calabrese Staltaro che si è offerto a prendere il posto degli acesi. Da quel momento iniziarono i traffici con la Calabria che comunque continuarono ad essere falcidiati dai carabinieri. Erano più gli insuccessi che i trasporti portati a termine, Per questo alla fine gli Scrivano non è che nuotassero nell’oro e spesso erano visti a Randazzo in qualche angolo della piazza a vendere frutta. Pensate che in questi anni i carabinieri hanno sequestrato, circa un chilo e 300 grammi di marijuana, 300 grammi di cocaina e 200 grammi di sostanza da taglio. Nonostante ciò il clan i suoi traffici è riuscito a farli, espandendo il raggio di azione non solo a Randazzo e nei paesi vicini, ma anche nel messinese ed in provincia di Ragusa. Diciamo che sono stati fermati quasi sul nascere perché adesso il ponte con la Calabria è stato interrotto e l’organizzazione assicurata alla giustizia, per la gioia di tanti genitori che temono per i loro figli.
L.S. Fonte “La Sicilia” del 12-03-2014