Quel fucile era stato rubato nel gennaio scorso a Maletto. Adesso i carabinieri lo hanno ritrovato, sepolto in un terreno abbandonato nelle campagne di Bronte, esattamente in contrada Acquavena. Per riportarlo alla luce è stato necessario il lavoro di circa 20 militari dell’Arma del Nucleo operativo della Compagnia di Randazzo e delle Stazioni di Bronte, Maletto e Maniace coadiuvati dagli artificieri del comando provinciale di Catania che, con un metaldetector, hanno setacciato un’area vasta più o meno quanto un campo di calcio, con la differenza però che non era pianeggiante, ma scosceso e pieno di rovi. Alla fine, però, i carabinieri non solo hanno trovato quel che cercavano, ma anche un altro metaldetector nascosto fra i rovi che probabilmente serviva ai malviventi per poi trovare il fucile nascosto. Individuato dove scavare e cercare, il resto è stato faticoso ma semplice: i militari hanno riportato alla luce un grosso tubo di plastica solitamente utilizzato per realizzare fognature con le estremità ben sigillate. Dentro proteggeva una carabina calibro 9 «Flobert» con la matricola abrasa e 65 cartucce di vario calibro da utilizzare anche con altri fucili. Per stabilire con precisione che si trattasse del fucile rubato a Maletto è stato necessario chiamare il proprietario che, anche se la matricola era abrasa, ha riconosciuto la sua carabina. Ovviamente i carabinieri non dicono con precisione come sono riusciti a capire che in quel terreno si nascondesse il fucile. Certo è che ci sono indagini in corso, indagini iniziate proprio quando la carabina è stata rubata.
Ogni arma che viene rubata, infatti, ha chiaramento come principale destinazione la criminalità più o meno organizzata e viene utilizzata per commettere reati. Per questo la carabina è stata inviata al Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Messina, chiamato a svelare da quanto tempo è sepolta e se ha sparato recentemente. Sotto osservazione anche i metodi con cui l’arma è stata conservata, molto simili alle armi ritrovate nel 2012, quando dentro dei tubi sepolti sono state trovate armi a Randazzo e a Maniace. Il timore è che i clan, dopo gli arresti a tappetto effettuati nell’operazione «Gatto selvaggio» stiano tentando di riarmarsi, per imporre nuovamente la loro legge. Se fosse così dovranno fare i conti con i carabinieri che hanno più volte «impoverito» i loro arsenali.
L. S. Fonte “La Sicilia” del 10-04-2014