Non solo avrebbero estratto abusivamente materiale vulcanico in una località sottoposta a vincolo ambientale nel territorio del Parco dell’Etna, ma avrebbero anche ricoperto i “buchi” con materiale di risulta proveniente da altri luoghi con il rischio di inquinare le zone a ridosso dell’acquedotto che serve i comuni della provincia di Enna. L’impresa che avrebbe realizzato questo scempio è quella posta sotto sequestro ieri mattina dalla Dia di Catania. Obiettivo del sequestro Antonino Sciacca, 63 anni, originario di Cesarò e domiciliato a Bronte. Sciacca, ritenuto dagli investigatori inserito nell’associazione mafiosa che controlla Bronte e i comuni vicini agli ordini dei pluripregiudicati Francesco Montagno Bozzone e Salvatore Catania, capi-cosca collegati al clan “Santapaola-Ercolano”, era già stato arrestato nel 2004 assieme ai figli nell’operazione «Tunnel», con l’accusa di associazione mafiosa, finalizzata a reati conto la persona e il patrimonio. Al processo «Tunnel» era stato poi condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione, condanna confermata in appello. Ritenuto elemento di primissimo piano dalla Dia, era rimasto nel mirino degli investigatori anche per le attività riconducibili ai familiari, a partire dalla moglie, titolare dell’impresa inserita nel settore dell’edilizia, impresa che si muoveva con grande disinvoltura, soprattutto senza concorrenza, sul mercato. Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso di appurare che tra i redditi ufficialmente dichiarati e il patrimonio posseduto da Sciacca, c’era un evidente sproporzione. Così, è stato disposto il sequestro di beni stimato in oltre tre milioni di euro in conti correnti bancari, automezzi, beni immobili e, appunto, l’impresa intestata alla moglie, “Sicilia Inerti di Barbagiovanni Giacomina” nel territorio di Bronte, impresa di frantumazione delle pietre. In particolare, era stata individuata un’area di circa 400 mq (ed un volume stimato di circa 800 mq) per il tombamento di rifiuti speciali provenienti da demolizioni edili, sulla quale risultavano scaricate decine di metri cubi di terreno vegetale, per non far notare la modifica dei luoghi.
Carmen Greco Fonte “La Sicilia” del 17-07-2014