Quando, nell’avanzata in terra di Sicilia, Ruggero il Gran Conte decise di proteggere l’Alcantara fortificandone uno dei punti strategici, la sua scelta ricadde su un costone di roccia lavica ricoperto da una selva: lì, su quel terrazzo detto u bazu, prese a nascere Randazzo che, dell’architettura medievale, continua a mantenere i caratteri. Via Santa Caterinella, a pochi passi dalla chiesa di San Martino e del suo campanile, il più bello di Sicilia, è al centro di quella medievalità fatta di lastre di lava, archi acuti, bifore, cortiletti, pietre bianche e pietre nere sapientemente combinate. In questo angusto, e delizioso, budello di case costruite roccia su roccia, con la palazzata che guarda a settentrione affacciata sull’Alcantara e sui Nebrodi, bastione invalicabile a protezione della città, c’è una casa con un musicista che non si mostra mai. Quando decide di esibirsi, il suonatore entra dalle finestre che mirano l’Alcantara e inizia a pizzicare le corde dell’arpa eolica, propagando per le stanze una musica che si fa lieve o che si fa intensa a seconda dell’energia dei suoi soffi. «L’arpa eolica è un esperimento scientifico che si può paragonare al prisma di Newton: l’uno scompone la luce, l’altro il suono. Ad esibirsi in realtà è il vento che entra dalle finestre e libera gli armonici. E più cresce d’intensità più aumenta l’estensione con la nascita di un suono che assomiglia ad un coro lontano». La melodia dell’arpa eolica è un po’ la colonna sonora della Casa della musica e della liuteria creata da Giuseppe Severini, musicista e liutaio, anima della musica medievale di Randazzo dove ha scelto di stabilirsi negli Anni 90, compiendo il tragitto inverso degli emigranti: da Milano alla Sicilia. Di genitori meridionali, Severini ritenne la Sicilia più attraente rispetto ad una Milano «abbastanza triste» e provò a scrutare lo Stivale al contrario, dal sud che guardava il Nord. Percorriamo le strade di San Martino sino al bel portale a sesto acuto del civico 19 di via Santa Caterinella, oltrepassato il quale ci si ritrova in un androne dai muri di pietra dal quale si accede al laboratorio di liuteria di Severini e, superando alcuni gradini, al primo salone di questa casa del XII secolo che assomiglia ad un museo, con gli strumenti in esposizione e le due finestre affacciate sul fiume da cui spira il vento che fa vibrare le corde dell’arpa. Fra queste mura medievali si compie un viaggio nella storia del suono che il maestro propone a studenti e visitatori e che si affianca agli altri due rami della sua attività: la liuteria e i concerti. «Qui si scopre il suono dalla preistoria al Medioevo, iniziando dai primi oggetti naturali che sono ossa, legni, corni, per proseguire con gli strumenti più antichi come le campane o la ciaramedda e giungere al liuto e alla ghironda, che mantengono un legame con la natura attraverso i materiali». Seduto su uno sgabello al centro del salone più grande, rischiarato solo dalla luce delle candele, Severini racconta il viaggio nel suono con una voce senza inflessione che, solo a volte, e in maniera impercettibile, tradisce un po’ di milanese e un po’ di siciliano. «Oggi, i suoni che provengono da amplificazioni o da apparecchiature elettroniche restituiscono una musica finta. È riproduzione della musica, ma non è la musica. Qui, invece, la gente ascoltai suoni veri e ne viene a contatto attraverso la pelle mediante le vibrazioni e la temperatura, senza perdere un solo armonico». Severini parla di musica, di filosofi e di matematici, del mito della musica delle sfere, ovvero di quel modello di proporzioni basato sulla matematica che si ritrova nei numeri, nelle forme e nei suoni, ma anche degli incontri di archeoastronomia, lo studio dell’allineamento astronomico dei monumenti antichi, che lo vede al fianco di Andrea Orlando. «Pitagorae Platone hanno codificato il mito della musica delle sfere che dura fino a Keplero, la musica come qualcosa che viene dalle stelle e dal cielo e che ci connette al cielo. Negli incontri di Andrea Orlando, che avvengono in luoghi di grande fascino come i castelli, ho l’opportunità di avvicinare un pubblico più vasto e più attento rispetto ad altri contesti, interessato all’astronomia, alla cultura e alla musica. E grande interesse ha suscitato la musica delle sfere perché la gente in essa riconosce tante cose di sé in quanto richiama gli archetipi della nostra cultura, che portiamo dentro, e che ricollega ai suoni». Nella casa di via Santa Caterinella cala la sera. Accompagnandomi, il maestro spegne le candele lasciando che a rischiarare le stanze siano solo le ultime luci del giorno, svelando anche la sua scelta: «Ho deciso di vivere in questa casa come in una grotta per un contatto più profondo con la natura, senza elettricità, senza gas e lontano dai suoni. Volevo stabilirmi in una caverna per un anno, ma non è stato possibile. E allora, visto che vivo in una casa medievale, ho deciso di viverla in modo medievale uniformando la mia vita al ciclo delle stagioni».
Pietro Nicosia Fonte “La Sicilia” del 08-01-2015