E’ durata 2 anni e 2 mesi la latitanza di Gianfranco Conti Taguali di 38 anni, residente in via Boschetto a Maniace e inserito dallo scorso gennaio nell’elenco dei 100 latitanti italiani più pericolosi. Lo hanno arrestato i carabinieri della sezione “catturandi” del Reparto operativo di Catania, mentre si trovava a bordo di una Peugeot 206 guidata da Aurelio Faranda, un pregiudicato per reati contro il patrimonio originario di Tortorici, che lo stava accompagnando in una masseria in territorio di Caltagirone, dove da qualche tempo aveva trovato rifugio. La sua latitanza era cominciata, insieme con quella del cugino coetaneo Marco Conti Taguali, il 12 gennaio del 2010, quando la Corte di Appello di Catania condannò entrambi all’ergastolo per aver partecipato in concorso all’omicidio di Bruno Sanfilippo Pulici, avvenuto il 3 giugno del 2002 in contrada Vallonazzo di Cesarò. Da allora i due cugini si diedero alla latitanza, ma un anno, ed esattamente il 29 gennaio del 2011, Marco venne catturato in stato confusionale sulla «Catania-Siracusa». Le attenzioni dei carabinieri quindi si concentrarono su Gianfranco. Venerdì sera le ricerche, coordinate dal presidente della I sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catania, Carolina Tafuri, sono arrivate all’epilogo. I carabinieri, sono riusciti a ricostruire gli spostamenti degli ultimi mesi del latitante che, grazie alla sua fitta rete di fiancheggiatori, era solito spostarsi per far perdere le proprie tracce. In verità in più di un’occasione nell’ultima settimana l’uomo è stato intravisto dai militari che però, non avendo la certezze si sono limitati ad osservare le sue mosse. Venerdì sera il blitz: dopo averlo incrociato sulla statale 417, carabinieri in borghese hanno fermato l’auto. Conti Taguali, all’inizio non ha creduto che quelli fossero carabinieri, bensì pastori e ha confessato che stava andando a pernottare nella masseria di Faranda. A questo punto i carabinieri lo hanno disarmato ed arrestato. Conti è stato portato nel carcere di Bicocca, Faranda in quello di Piazza Lanza per rispondere di favoreggiamento personale. Finisce così la latitanza di un uomo che secondo le ricostruzioni degli investigatori partecipo all’omicidio Pulici solo perché la vittima, accusata in ambienti mafiosi di aver perpetrato un abigeato, per allontanare da sé i sospetti, incolpò Giuseppe Pruiti di Cesarò che poi insieme ai 2 cugini organizzò il suo omicidio a colpi di fucile caricato a pallettoni. Le successive indagini dei carabinieri di Randazzo, non solo fecero luce sull’omicidio, ma anche su una intensa attività mafiosa con di elevata capacità di fuoco, che nei Comuni di Maniace, Bronte, Cesarò e San Teodoro, era stata protagonista di omicidi, tentati omicidi, estorsioni, lesioni, danneggiamenti, incendi, furti, ricettazioni, detenzioni di armi ed esplosivi e commercio di stupefacenti. I carabinieri di Randazzo con l’operazione Tunnel il 10 febbraio 2004, fecero piazza pulita, arrestando 23 persone. Per l’omicidio Sanfilippo però solo Pruiti in primo grado fu condannato all’ergastolo, mentre i 2 cugini si beccarono entrambi 7 anni solo per associazione mafiosa. La Procura però fece ricorso e la Corte d’Appello modificò la sentenza di primo grado condannando all’ergastolo entrambi i cugini, in concorso con Pruiti sia per l’omicidio, sia per l’ associazione, con le aggravanti di essersi avvalsi del metodo mafioso nell’uso delle armi.
Fonte “La Sicilia” del 25-03-2012