La procedura continua. L’ufficiale giudiziario che il 6 luglio scorso si è recato al depuratore delle acque reflue di Randazzo, sito in contrada Ciaramella, con il preciso compito di disattivarlo, ha inviato gli atti al giudice per l’esecuzione, al quale “è devoluta la risoluzione delle questioni che possono insorgere in occasione dell’attuazione delle decisioni giurisdizionali”. E’ necessario, a questo punto, capire come procedere alla disattivazione dell’impianto, considerato che il sindaco, Michele Mangione, si è rifiutato di farlo. Spetterà a questo magistrato stabilire come garantire giustizia ai tredici proprietari dei terreni agricoli poco distanti dal depuratore, che dal 2007 ritengono di non poter rimanere a lungo nelle loro proprietà, a causa della fuoriuscita delle esalazioni nauseabonde provenienti dall’impianto è che risultano essere estremamente fastidiose. Non a caso si sono già aggiudicati due gradi di giudizio, con i giudici che hanno ordinato al Comune di compiere gli interventi strutturali necessari per la tempestiva eliminazione del problema, inibendo l’ente ad utilizzare l’impianto sino a quando i lavori non sarebbero stati realizzati. “Ed è questo – afferma l’avvocato Vincenzo Magro, che difende i tredici proprietari – che noi abbiamo chiesto. A noi interessa che l’impianto resti bloccato fino a quando il Comune non realizzerà i lavori necessari ad eliminare i miasmi”. Intanto, c’è chi sostiene che disattivare l’impianto, oltre ad inquinare l’Alcantara, aumenterà i miasmi in tutta la zona, quindi peggiorerà il problema. La soluzione, a questo punto, potrebbe consistere nell’esecuzione dei lavori che sono necessari per rendere l’impianto funzionante, ma servono fondi consistenti ed il Comune non li ha. Ma è anche vero che i tredici proprietari hanno il pieno diritto di soggiornare nelle loro case di campagna senza essere inondati dalla puzza nauseabonda.
Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 18-07-2015