BRONTE. Un bel carico di orgoglio siciliano, dolce orgoglio, e al gusto di pistacchio, ovviamente. Perché qui a Bronte scopriamo che la stragrande quantità di gelato al pistacchio prodotto e venduto in tutto il mondo, si fa con i frutti che nascono da queste parti, nella patria riconosciuta del pistacchio. E se c’è tanta concorrenza, leale e sleale, con pistacchi che arrivano da molti altri Paesi, Iran e Stati Uniti, Turchia, Siria e Grecia, quando si tratta di scegliere il miglior pistacchio per produrre gelati, beh sembrano non esserci dubbi, è quello brontese. Lo racconta con passione e con entusiasmo Biagio Marullo, che con i suoi fratelli ha fatto qualche anno fa una scelta coraggiosa. E lungimirante. Credere nell’attività della famiglia, che si era sempre occupata di pistacchi e mandorle, ma passare ad una fase di sviluppo, di crescita, con innovazioni tecnologiche, di medotologia, di promozione. «E’ vero – spiega Biagio Marullo – siamo partiti da una realtà che la mia famiglia aveva portato avanti con grande impegno, pur in un’epoca in cui si faceva tutto a mano, non esisteva ancora la meccanizzazione, e coltivare, raccogliere, sgusciare il pistacchio prima di poterlo inserire nei circuiti commerciali, era un’impresa».
Talmente impresa e talmente complicata, che ragionevolmente qualcuno avrebbe potuto pensare, con tutto il rispetto per la tradizione familiare, di diversificare, mollare tutto, dedicarsi a qualcosa di meno complesso e più immediato. Invece no. «Abbiamo deciso con i miei fratelli, che avremmo portato avanti quella tradizione ma, naturalmente, con tutta una serie di innovazioni tecnologiche che, nel frattempo, si presentavano come una grande opportunità per evolvere tutto il ciclo del pistacchio». Ecco, l’altra grande impresa. Riuscita. Perché, conti alla mano, nel 1998 la società fatturava 50 mila euro. Oggi siamo a 20 milioni. Cosa è successo? Miracolo del pistacchio? «No, nessun miracolo – racconta Biagio Marullo – piuttosto studi, analisi, scelte che all’inizio venivano guardate anche con grande sospetto da chi dalle nostre parti coltivava ancora il pistacchio secondo i metodi tradizionali. Noi diciamo che abbiamo come momento spartiacque storico il 1998, appunto, quando abbiamo deciso di imprimere un notevole sviluppo aziendale con la costruzione di uno stabilimento di 3000 metri quadrati e con l’introduzione di nuovi macchinari altamente sofisticati per la produzione di prodotti semilavorati al pistacchio, cioè paste e granelle naturali, tostate e pralinate». Ma per mettere davvero a frutto la tradizione e l’innovazione, naturalmente, non bastava il mega stabilimento per la lavorazione. Serviva produrre davvero il pistacchio più buono del mondo Biagio Marullo ha puntato sulla ricerca. «Dal 2003 con l’acquisto del laboratorio HPLC e microbiologico, che permette di monitorare il livello di qualità della materia prima e dei prodotti finiti lungo l’intero percorso di lavorazione, garantiamo ai nostri clienti la qualità del prodotto e la sicurezza della filiera produttiva. Elementi indispensabili per essere oggi davvero competitivi su un mercato molto complesso e, naturalmente, con tanta concorrenza». Crescere, aggredire tutti i mercati possibili, ma anche sperimentare. E l’azienda di Bronte ha puntato anche su questo, realizzando nel 2014 un impianto intensivo di pistacchicoltura sperimentale di circa 30 ettari con l’obiettivo di puntare al miglioramento genetico della pianta, alla meccanizzazione specializzata del processo di raccolta ed alla salvaguardia della tipicità del prodotto favorendo così lo sviluppo dell’agricoltura locale e l’incremento della quantità di materie prime. L’exploit mondiale di Marullo passa anche da questa nuova cultura, da una visione moderna, e anche modernissima, che consente di presentare il proprio prodotto alle fiere di mezzo mondo ricevendo apprezzamenti unanimi. Tanto che chi, appunto, deve comprare il pistacchio per lavorarlo, per la pasticceria, per i gelati, per una salumeria di altissimo livello, non ha alcuna esitazione e di fronte all’alternativa tra il pistacchio più bello da vedere (quello siriano senza dubbio) e il pistacchio più buono (quello di Bronte, manco a dirlo), la scelta è obbligata. E qui va raccontata, naturalmente, anche quella parte che racchiude la quota di orgoglio siciliano per il successo del prodotto nostrano e per il fatto che tutti lo vogliono e tutti lo cercano. Soprattutto per i gelati. «E’ vero – conferma Marullo – è proprio così. Il nostro pistacchio è ricercatissimo negli Stati Uniti, lo vendiamo in Germania e in tanti altri Paesi europei, ma arriviamo anche al mercato orientale, alla Corea. E siamo stati presenti alle ultime fiere in Giappone, dove vincendo una tradizionale ritrosia dei commercianti giapponesi, che sono molto diffidenti all’inizio nell’avviare nuovi rapporti commerciali, abbiamo ottenuto una serie di contratti e oggi abbiamo rapporti molto consolidati con alcune tra le più importanti aziende di quel Paese che trattano, appunto, il pistacchio». In sostanza quasi il 98% del pistacchio brontese (che poi vuol dire quasi l’intera produzione della nostra isola), finisce nei gelati. E, questo è un punto importante, il mercato dice, in sostanza, che ci sono ampi margini per conquistare altre fette di business. Ovviamente esportando sempre di più. «Oggi l’export – spiega Marullo – vale il trentacinque per cento dei nostri ricavi e ci ha permesso di bilanciare il calo dei consumi che in questo momento investe l’alimentare italiano di fascia alta». La svolta di internazionalizzazione nella gestione imprenditoriale della società ha permesso a Marullo di aggiudicarsi il premio Ok Italia, istituito da Unicredit. Un premio legate, inevitabilmente, anche all’innovazione portata, come detto, all’azienda. Ovviamente le macchine che lavorano la frutta secca hanno infatti sostituito quasi del tutto i braccianti. «La lavorazione industriale – precisa Biagio Marullo – ci ha permesso di produrre di più e più in fretta. Ma la qualità è la stessa di quella che nonno Alfio negli anni ’60 col suo carrettino siciliano distribuiva porta a porta». E questa è un’altra punta di orgoglio, citare nonno Alfio, il carrettino, il vecchio mestiere, che si salda non solo emotivamente, ma anche concretamente con il presente e con il futuro. Un futuro in cui il pistacchio potrebbe valere per la Sicilia un fatturato anche di 500 milioni, ma bisogna essere bravi, perché c’è sempre qualcuno che insegue e che può superarti anche in questo settore. «Gli spagnoli – conferma Marullo – vanno forte – nel giro di pochi anni potrebbero anche superare la produzione della Sicilia. Per questo bisogna andare avanti sulla strada che noi siamo riusciti a tracciare. Una strada che ci ha permesso anche di superare certe barriere del passato, di andare oltre il cartello determinato da pochi produttori che condizionavano l’intero mercato stabilendo prezzi e anche tempi e modalità di pagamenti. Il futuro per noi è attirare sempre più giovani in questa attività, provare a recuperare insieme quei tremila ettari di terreni abbandonati che grazie a questa industria e a questo nuovo modo di fare agricoltura potrebbero essere recuperati, valorizzati e diventare produttivi». Andrea Lodato Fonte “La Sicilia” del 13-11-2016
LA SCHEDA – UNA DOP Il 9 giugno del 2009 l’Unione europea ha pubblicato il disciplinare che conferisce al pistacchio verde di Bronte la Denominazione di origine protetta DOP. L’albero del pistacchio è molto resistente alla siccità, in Sicilia viene coltivato a un’altitudine variabile dai 300 ai 900 metri.
I NUMERI – 30 MIGLIAIA di quintali di pistacchi prodotti a Bronte 20 MILIONI il fatturato della Marullo 98% IL PISTACCHIO destinato alla produzione mondiale di gelato