BRONTE. Se circa 1000 anni fa le stagioni estive fossero state calde e siccitose come quella appena trascorsa, forse gli Arabi non avrebbero incrementato sull’Etna la coltivazione del pistacchio. Non avrebbero ritenuto questo fazzoletto di terra del Mongibello il luogo migliore per produrlo. Già, perché la terra del Vulcano e il rigoglioso territorio lavico di Bronte, solitamente habitat naturale per lo sviluppo delle piante e del frutto, poco hanno potuto fare di fronte alla furia di “Lucifero”, che per troppi giorni ha esposto le piante a temperature altissime. Gli agricoltori che stanno raccogliendo la metà del prodotto rispetto a due anni fa hanno avuto a che fare prima con le gelate primaverili, poi con la grandine ed adesso con la siccità. «A fine mese avremo dati più certi –ci dice Biagio Schilirò, presidente del “Consorzio di Tutela del Pistacchio Verde di Bronte Dop” – Adesso possiamo solo limitarci ad analizzare la raccolta già effettuata che certo ha risentito degli aspetti straordinari di questa annata, dove, non solo l’estate, ma anche la primavera è stata avversa, con temperature non consuete che hanno impedito una sufficiente impollinazione. E si sa, – continua – scarsa impollinazione vuol dire poco frutto e raccolta compromessa in partenza». Il presidente
ricorda che a maggio ha pure grandinato: «I periti delle varie assicurazioni hanno riscontrato una perdita del raccolto che è variata dal 40 al 90%. Pensate che danno…». E la siccità ha completato l’opera: «Il 95% dei pistacchieti – ci spiega Schilirò – non possono essere irrigati e così la siccità ha influito sulla maturazione del frutto. Le piante più giovani hanno perso prima le foglie e poi i rami. Solo le piante più grosse hanno resistito. Da quel che vedo nella mia proprietà e per quello che mi raccontano gli associati al Consorzio oggi stiamo raccogliendo circa il 40% del pistacchio rispetto a due anni fa. L’unica notizia buona – conclude – è che il pistacchio che ha resistito è di ottima qualità». Per aver dati precisi bisogna attendere le dichiarazioni ufficiali del produttori che faranno a dicembre, ma le tesi del presidente Schilirò sono confermate anche dal prof. Biagio Fallico, docente di Gestione della qualità nelle industrie alimentari del Dipartimento di Agricoltura, alimentazione ed ambiente dell’Università di Catania: «A influenzare l’impollinazione sono state le gelate tardive. Lo si vede chiaramente nei grappoli di pistacchio che quest’anno sono molto diradati. Nei rami dove gli anni scorsi si producevano grappoli con 15 e più chicchi, quest’anno non ve ne sono più di 3. La siccità estiva poi ha inciso sulla pezzatura del prodotto». Ci si chiede però come una pianta come il pistacchio, capace di crescere rigogliosa sulla dura roccia lavica, abbia potuto soffrire per la siccità. «Infatti – continua il prof Fallico – ha provocare i danni
maggiori non è stata la mancanza d’acqua, bensì l’esposizione per troppo tempo a temperature altissime, sopra i 40 gradi. Quest’anno più volte costantemente ed almeno per circa 10 giorni le temperature, di giorno, sono rimaste costanti sopra i 40 gradi. Anche una pianta resistente come il pistacchio si è dovuta arrendere». Comunque sarà poco il pistacchio quest’anno, ma almeno è buono: «Bassa resa, ma ottima qualità. E si teme che la minore quantità faccia alzare il prezzo, che speriamo non impazzisca». E lo scorso anno il pistacchio smallato ed in guscio si è venduto a 8,50 euro al chilo. Quest’anno già si parla di 10,50 -11 euro. GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 12-09-2017