“Le guide vulcanologiche, figura unica a livello mondiale ed eccellenza tutta italiana, aspettavano da 27 anni che venisse definita la loro area di esercizio di professione”. Esordisce così il Collegio nazionale delle Guide alpine, il pilastro dell’ordinamento delle professioni dell’accompagnamento, intervenendo sulla querelle intorno all’ultimo decreto firmato dall’ex assessore regionale del Turismo Anthony Barbagallo in materia di guide. L’atto contiene una perimetrazione dell’ambito territoriale riservato, sull’Etna, all’accompagnamento da quota 2000 metri in su. Le altre tipologie di professionisti, come le guide naturalistiche o le nascenti guide di media montagna, possono operare al di sotto di tale quota. Escluse così da zone che sono mete escursionistiche frequentate come la Schiena dell’Asino o i crateri del 2002 sul versante nord. La partizione ha scatenato così le polemiche, con le accuse dell’Aigae verso “la casta della montagna”. Al di là delle questioni normative – la spinta liberalizzatrice evocata dalle guide naturalistiche sulla base della legge 4/2013 che cozzerebbe, secondo le guide vulcanologiche con la legge quadro del 1989 che assegna a loro la competenza esclusiva per i vulcani – il Collegio nazionale sposta il dibattito su un altro piano. “La zonazione dell’Etna riguarda un vulcano attivo, pertanto sono indispensabili per la tutela dell’incolumità dei frequentatori elevate conoscenze dei fenomeni vulcanici e dei rischi – si legge nella nota – Conoscenze che ha solo un professionista adeguatamente formato”. Ragionamento lineare che sarebbe suffragato dai dati. “La statistica degli incidenti etnei insegna che molto spesso questa montagna viene sottovalutata – chiarisce l’organismo presieduto da Cesare Cesa Bianchi – Stando ai dati del Soccorso alpino per il 2015, gli incidenti rilevati sono stati 75, di cui 40 a escursionisti, 5 a sciatori fuori pista e 5 a turisti su percorsi non impervi. Il totale degli incidenti in ambiente naturale, fatta esclusione di episodi automobilistici, sciistici in pista e altri non classificati. è quindi di 50 su 75. “Proprio ai fini della tutela di chi va in montagna – conclude la nota – l’accompagnamento montano è riservato al professionista formato dal Collegio, altre figure, se esercitano in ambiti riservati, risultano abusive”. Francesco Vasta Fonte “La Sicilia” del 06-12-2017