Diciamolo subito, rispetto al tratto Adrano-Paternò della Ss 284, la Strada statale 120 che collega Fiumefreddo a Randazzo è certamente meno pericolosa. Il percorso è estremamente tortuoso ed il fatto che attraversi centri abitati e urbanizzati, rallenta la corsa degli automobilisti, riducendo la velocità dei veicoli, spesso causa di incidenti mortali. Se esaminiamo però nel dettaglio dati e caratteristiche del tracciato, ci accorgiamo che la Ss 120 ha la sua pericolosità. Lo dimostrano i dati forniti dalle forze dell’ordine. Negli ultimi 5 anni gli incidenti di un certo rilievo sono stati più di 20. Lo denunciano con forza i residenti e i parenti delle vittime di questa strada che, scavando fra i ricordi e gli articoli del nostro giornale. La Ss 120 presenta in diversi punti notevoli criticità. Innanzitutto le curve che nelle zona a monte d’inverno diventano viscide e che vicino al mare sono terribilmente scoscese nei funambolici tornanti verso lo svincolo dell’autostrada. Poi i tanti incroci e le intersezioni con le strade rurali, spesso causa di incidenti. Infine i dossi. Uno su tutti, quello più pericoloso. Si trova a Randazzo, subito dopo l’uscita est dell’abitato, esattamente sul ponte che sormonta il tratto ferroviario dismesso Alcantara-Randazzo. Un dosso completamente “cieco” che nonostante le proteste degli automobilisti e i solleciti della autorità politiche, l’Anas non ha mai trovato il modo e le risorse per rendere più sicuro. Eppure, su quel dosso un incidente ha provocato la morte di tre persone. Era il 26 febbraio del 2012. Sembrava una domenica tranquilla, finchè Federico Astone di 20 anni e Samuele Bellocchi Parasiliti, di 15 anni, non hanno perso la vita. Entrambi di Randazzo viaggiavano, assieme ad altri coetanei, a bordo di una Fiat Uno guidata da Federico, quando l’auto, subito dopo il dosso si è scontrata frontalmente con un Fiat Fiorino della ditta che consegnava i pasti negli ospedali della zona, guidata da Michele Scuderi di 49 anni, in fase di sorpasso. Federico guidava piano e con prudenza, ma l’urto è stato terribile. Dopo qualche settimana, sempre a causa dell’incidente, è moto pure il conducente del furgone. Ricordiamo anche la vittima di un altro incidente. Vincenzo Maio, randazzese di 31 anni. Era l’11 gennaio del 2010. Viaggiava a bordo della sua Fiat Punto sulla Statale 120 in direzione Linguaglossa, quando, prima di arrivare nella frazione Montelaguardia, la sua auto sull’asfalto reso viscido dalla pioggia ha sbandato andando a sbattere contro una grossa betoniera. Per il povero Vincenzo non c’è stato scampo, lasciando nella disperazione la moglie e due figli piccoli. Poi ancora. Il 30 giungo del 2010, un motociclista ha perso la vita a pochi metri dal cimitero di Linguaglossa ed il 23 agosto del 2012, un ambulante è morto perché il suo camioncino si è ribaltato dopo aver rotto i freni nelle curve in discesa che da Piedimonte Etneo conducono a Fiumefreddo. E questi sono solo alcuni degli incidenti che si sono verificati. Possibile quindi – ci chiediamo – che le autorità competenti non abbiano evidenziato le criticità di questa strada? Certamente sì. Del suo ammodernamento, infatti, se ne parla da decenni senza però alcun risultato. E’ stato pure redatto un studio di fattibilità che l’Anas ha inizialmente adottato per redigere un progetto. Quando, però, si è accorta che erano necessari 300 milioni di euro ha lasciato perdere. «Il progetto – dichiarò nell’aprile del 2017 l’ex assessore regionale Giovanni Pistorio –è considerato eccessivo perché prevede un percorso quasi tutto in variante rispetto a quello esistente, di grande impatto finanziario, almeno 300 milioni di euro, ad oggi non rinvenibili, ma soprattutto non giustificato dalle utenze trasportistiche del territorio». Meno categorico l’attuale assessore regionale ai Trasporti, Marco Falcone, che tempo fa ci aveva detto: «L’ammodernamento di questa strada in questo momento non è inserito nei programmi di investimenti dell’Anas. Si può tentare di vedere dove intervenire, magari senza spendere i 300 milioni di euro ipotizzati. Cercheremo di far inserire i fondi nella prossima programmazione». Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 02-11-2108
TRENTA KM CON IL FIATO SOSPESO g.g.) Trenta chilometri difficili da percorrere. Questa è la Ss 120 nel tratto Randazzo Fiumefreddo. Abbiamo contato ben 153 curve o cambi di direzioni e sia a destra che a sinistra sono tantissimi gli incroci con strade rurali non proprio sicuri. Superato Piedimonte, si comincia a scendere verso il mare. Le curve sono ripide e a “gomito”. Un guasto ai freni non ti lascia scampo. Sorpassare è quasi impossibile, chi lo fa rischia grosso.
LO SFOGO DEI GENITORI DI FEDERICO ASTONE: «QUEL DOSSO RIMANE MICIDIALE TUTTO E’ ANCORA COME UN TEMPO»
Non ci può essere nè pace, nè rassegnazione per quei genitori che hanno perso un figlio su una strada che tutti sapevano essere pericolosa, senza che chi di dovere, in tanti anni, l’abbia resa più sicura. Si continua a pensare che probabilmente con dei servizi più efficienti il proprio figlio forse sarebbe ancora vivo. E le scuse che oggi politici e soprattutto dirigenti e funzionari accampano, puntando il dito contro la crisi economica e contro la mancanza di risorse, non riescono a provocare rassegnazione, anzi procurano rabbia. La sintesi di tutto questo sono Antonino Astone e Antonina Crò, padre e madre di Federico Astone, la cui giovane vita è stata strappata nel drammatico incidente stradale del 26 febbraio del 2012. I due genitori da allora si battono per sensibilizzare le istituzioni a rendere le strade più sicure ed i servizi sanitari più efficienti. Ma in sei anni di battaglie, il bilancio è estremamente negativo. «Quella strada è pericolosa – ci dice subito il papà di Federico – e quel dosso è micidiale. Li non è solo mio figlio ad aver avuto un incidente. Per questo abbiamo chiesto ai sindaci che in questi anni si sono succeduti, ovvero Ernesto Del Campo e Michele Mangione, di sollecitare l’Anas affinché questo tratto fosse messo in sicurezza. I risultati – continua – li vedete da soli. La strada è come era un tempo. E’solo aumentata la segnaletica». «Abbiamo chiesto ai sindaci –continua la mamma – di poter interloquire direttamente con l’Anas, ma non abbiamo avuto risposta». Dolore che ancora oggi pervade i genitori di Federico che ritengono che il figlio sia morto a causa del sommarsi di una serie di inefficienze della pubblica amministrazione: «Io –continua a spiegare la mamma – non saprò mai se mio figlio si sarebbe salvato se ad intervenire fosse stata un’ambulanza con la rianimazione ed un medico preparato per emergenze simili. Con l’unica ambulanza dell’ex ospedale di Randazzo impegnata in un altro intervento – infatti, spiega – a soccorrere mio figlio ed il suo amico sono arrivate ambulanze senza medico. Dalle 20 e 15, orario dell’indicente, fino alle 20 e 50, l’ora in cui mio figlio è morto, nessun medico del 118 è venuto a soccorrerlo. Ed adesso vi chiedo: può essere considerato efficiente un servizio così? Abbiamo raccolto firme, chiedendo una seconda ambulanza medicalizzata a Randazzo ed un Pronto soccorso più efficiente. Siamo stati ricevuti dal direttore dell’Asp che allora era Gaetano Sirna e dall’allora assessore regionale Rita Borsellino. Ma se l’assessore qualche settimana dopo si è dimessa, Sirna ci aveva assicurato il suo intervento. La realtà è che oggi la situazione forse è più difficile di prima». I genitori di Federico vedono attorno a loro l’indifferenza delle Istituzioni ed un lunghissimo muro di gomma, ma non si arrendono. «Non sappiamo neanche gli esiti delle indagini della magistratura, ma continueremo a batterci: lo dobbiamo a nostro figlio che non c’è più» Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 02-11-2108