Inizia il countdown per approvare definitivamente il Piano paesaggistico provinciale redatto dalla Soprintendenza ai Beni culturali. Si tratta di un vero e proprio strumento di pianificazione territoriale che regola le attività che è possibile svolgere nel territorio di tutta la Provincia, nel rispetto dei beni paesaggistici ed ambientali. Boschi, colate laviche, zone di pregio sono evidenziate con la relativa normativa di riferimento. A giorni i cittadini di tutti i Comuni della provincia saranno chiamati a presentare le osservazioni. Avranno 30 giorni lavorativi di tempo che partono a 90 giorni dalla data in cui la Soprintendenza ha depositato le mappe al Comune. A Randazzo, per esempio, i 90 giorni scadono il 27 gennaio, quindi c’è tempo fino a marzo. Per questo il dibattito è vivace. In tanti si chiedono se, pur nel rispetto della tutela ambientale, si guardi di più alla salvaguardia che alla valorizzazione. A ciò i tecnici aggiungono anche ci sarebbero tanti errori e incongruenze. «Non capisco – dice il giovane architetto di Randazzo, Davide Sangrigoli -come mai il Piano paesaggistico sia stato redatto in scala 1/25.000, dove un centimetro sulla carta corrisponde a 250 metri nella realtà. Così sulla mappa la linea di 2 millimetri che delimita una zona da un’altra, trasposta nella realtà occupa 50 metri di terreno. Si rischia di non capire a quale regime sia sottoposta una piccola particella di terreno, posta a confine». Per Sangrigoli poi capitolo a parte meritano i boschi: «Nel rispetto della legge regionale n. 16 del 1996 si prevede spesso la totale inedificabilità non solo al loro interno, ma anche nelle fasce di rispetto che variano a seconda della grandezza del bosco. Bene queste fasce di rispetto non sono evidenziate nel piano, nonostante la loro estensione cambi a seconda della dimensione della superficie boscata». Poi Sangrigoli domanda: «Ma siamo sicuri che tutti i boschi individuati nel Piano lo sono veramente? La legge identifica in maniera chiara cos’è un bosco. Dice che non può avere estensione inferiore ad un ettaro per la l.r. n. 16/96, e che per essere tale non dovrebbe contenere elementi di natura antropica. Una casa esistente, un vialetto o una recinzione, essendo elementi di sicura antropizzazione, dovrebbero impedire l’identificazione dell’area come bosco. Invece anche aree alberate con frutteti od oliveti coltivati con all’interno fabbricati sono stati definiti boschi e questo crea vincoli ingiustificati nelle aree circostanti per via delle fasce di rispetto. Senza considerare che ci sono dei boschi individuati tali in aree non sottoposte a vincolo paesaggistico». Per Sangrigoli nella redazione del Piano paesaggistico è mancata la concertazione con i Comuni e si sarebbe potuta raggiungere una sintesi più confacente alla realtà territoriale se fossero stati coinvolti i professionisti locali. Insomma sarebbe mancata la concertazione con il territorio. «Di certo – aggiunge Sangrigoli – questo nuovo Piano paesaggistico aumenta i vincoli. Temo proprio che le osservazioni che verranno presentate saranno numerosissime». GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 23-01-2019
DAVIDE SANGRIGOLI – Davide Sangrigoli, ha 38 anni. Sposato con un bambino, nel 2007 si è laureato in Architettura presso la Facoltà del Mediterraneo di Reggio Calabria. Abilitato alla professione nel 2008, da circa 10 anni svolge l’attività di libero professionista a Randazzo.