RANDAZZO. La protesta degli allevatori sardi provoca un effetto domino anche in Sicilia. Oltre ai pastori ragusani ed ennesi, sul piede di guerra anche gli allevatori del versante nord dell’Etna e dei Nebrodi che protestano non solo per i costi irrisori con cui commercianti e caseifici pagano il loro latte ed i loro prodotti, ma anche per l’abolizione delle indennità compensative da parte del governo regionale, che li ha privati di quei sussidi che, a loro dire, erano fondamentali per competere e rimanere sul mercato. Mercato che, inoltre, “drogato” dalla vendita di prodotti industriali a basso costo, condizionerebbe anche il prezzo di tutto ciò che viene realizzato con latte locale. Per questo circa 50 allevatori del versante nord ovest dell’Etna e dei Nebrodi, hanno chiesto di essere ricevuti in Comune dal sindaco di Randazzo, Francesco Sgroi.
All’incontro ha partecipato pure il primo cittadino di Maniace, Antonino Cantali, con gli allevatori che hanno subito evidenziato il loro disagio e le loro difficoltà dettate principalmente dall’abolizione dell’indennità compensativa a favore degli allevamenti di montagna e dei sussidi di “Natura 2000”, elargite a favore di chi opera in territorio vincolati paesaggisticamente. “Per antonomasia il lavoro dell’allevatore è duro e faticoso, – afferma Salvatore Camarda che a Randazzo gestisce un allevamento di bovini – ma nelle zone montane lo è ancor di più. E’ evidente – continua – come la montagna rispetto alla pianura ci metta di fronte a maggiori difficoltà. La neve ed il gelo d’inverno rendono tutto più difficile. Non a caso per tutti gli elevamenti che operano da 600 metri sul livello del mare in su, in passato è stata riconosciuta l’indennità compensativa che non solo non riscuotiamo dal 2015, ma già dallo scorso anno è stata abolita. Inoltre – continua Camarda – anche i fondi di “Natura 2000” ci sono stati sottratti. Anche in questo caso si tratta di una indennità annuale che ci permetteva di recuperare i maggiori costi di produzione per chi opera in zone protette dal punto di vista paesaggistico o ambientale, come le zone SIC e ZPS. Entrambe le indennità erano per noi una fondamentale boccata di ossigeno che ci permettevano di sopperire ai maggiori costi rispetto ai colleghi che vivono in pianura. Per noi – conclude – la transumanze hanno un costo”. Ma l’abolizione delle indennità compensative non creano problemi solo agli allevatori. Anche chi ha investito completando la filiera fino a vendere al dettaglio prodotti tipici caseari, denuncia chiaramente un enorme stato di difficoltà che rischia di spazzare vie le aziende: “Io – afferma Nunzio Spartà – gestisco un piccolo allevamento di bovini ed ovini. Ho allestito un piccolo caseificio. La nostra migliore propaganda è la qualità dei prodotti fatti esclusivamente con il nostro latte. Purtroppo però questo prodotto viene considerato alla stessa stregua del prodotto dell’industria realizzato con latte che magari proviene dall’estero. E qui la sfida è impari. L’industria – spiega – condiziona il prezzo dell’intero mercato dei prodotti caseari e non c’è verso di riuscire a contrastarlo. Noi siamo costretti ad accodarci ed a volte anche a vendere a prezzi anche inferiori. Purtroppo la globalizzazione ci ha inghiottito. Di conseguenza, – ribadisce – se non si riesce a condizionare le scelte del mercato, almeno che ci permettano di sopravvivere con le indennità compensative. Saranno utili per permetterci di competere. Se non si capisce – conclude – che la zootecnica di montagna deve essere tutelata, prima o poi sparirà”. Ma anche chi vende latte subisce, come in Sardegna, le imposizione di chi compra. “Io vendo il latte a costi che non mi permettono di sostenere l’azienda. – ci dice Salvatore Spartà – Quando va bene lo vendo 80 centesimi al litro compresa iva, ma appena arriviamo al mese di aprile il prezzo scende a 70. Sono i caseifici che impongono il prezzo. O ci stai o niente. E non hai la possibilità di cambiare il compratore perché i caseifici, come chi compra il latte per le industrie, fanno cartello. Non solo – continua – ci pagano dopo 60 giorni. Così non riusciamo neanche a pagare le tasse ed i contributi. Che ci crediate o meno, fino ad oggi siamo riusciti a sopravvivere grazie a queste indennità, senza la quale possiamo tutti chiudere”. Ma i prezzi alla produzione sono bassi per tutti i prodotti della zootecnia: “Sapete – continua Salvatore Spartà – quando sono costretto a vendere un agnello? I commercianti che poi vendono i nostri capi in Puglia ed a Roma li pagano a 2 euro ed 80 centesimi al chilo. E dopo aver pesato il capo sottraggono il 20% dal costo finale. Vi rendete conto che il prezzo di un agnello è ridicolo. In queste condizioni viviamo solo grazie alle indennità compensative”. Gli allevatori rimangono in stato di agitazione, ma sono pronti a protestare anche attraverso manifestazioni eclatanti.
UNA QUALITÀ APPREZZATA NEL MONDO C’è una consolidata tradizione sui Nebrodi di produzione di formaggi genuini che vengono dagli allevamenti e dal latte locale. Basti ricordare, la ricotta vaccina salata bianca, la ricotta al forno, il formaggio pepato con pepe nero e rosso, primosale (anche stagionato otto mesi o un anno), provola dei Nebrodi fresca, provola semi stagionata (per tre o quattro mesi), provola stagionata (per otto mesi o un anno) e anche la mozzarella.
IL SINDACO SGROI: «Chiederò il pagamento di indennità del passato»
RANDAZZO. Un primo risultato gli allevatori del versante nord est della Sicilia lo hanno ottenuto. Il sindaco di Randazzo, Francesco Sgroi e quello di Maniace, Antonino Cantali hanno subito sposato la loro causa, assicurando tutto l’impegno possibile per portare la protesta e le tesi degli allevatori sui tavoli che contano a Palermo. Il sindaco Sgroi ha prima ascoltato tutte le dure, ma lucide ed ordinate, rimostranze degli allevatori, che anche hanno chiesto il coinvolgimento di tutti gli amministratori del territorio, per poi dire loro: “Io capisco bene i disagi che mi state rappresentando. Il vostro è un problema sociale che deve essere affrontato. Cercherò di mettermi subito in contato con l’assessore regionale all’Agricoltura per cercare prima di ogni cosa sollecitare il pagamento delle indennità degli anni passati. Poi chiederò di essere ricevuto assieme ad una rappresentanza degli allevatori e dei sindaci dell’intero comprensorio”. Poi a noi ha dichiarato: “La Sicilia è fatta di mare e di montagna. Che la montagna sia svantaggiata rispetto alla costa e che rischi di restare indietro non lo scopriamo certo oggi. Per questo sono necessarie misure di compensazione che avvicinino le due realtà. Se questo non accadrà, – continua – la montagna diventerà deserto. La gente non trovando più possibilità di sostentamento andrà via. Si registrerà un esodo verso le aree più avvantaggiate dal punto di vista climatico ed orografico. Il danno sarà duplice. Il nostro territorio spopolerà, mentre nelle zone in prossimità delle coste si registreranno tensioni. Solidarietà e condizioni di equilibrio sociale – aggiunge – devono prevalere, altrimenti sarà la fine. Coinvolgerò i miei colleghi sindaci del territorio che sono certo saranno pronti a sostenere i giusti diritti degli allevatori zootecnici, che qui – conclude – rappresentano una grossa fetta dell’economia”. GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 21-02-2019