Zu’ Filippo non ha mai smesso di fare l’agricoltore. Anche adesso che ha 91 anni. È lui la voce solista della “Nuciddara” il tradizionale canto “a cappella” nato fra i contadini di Tortorici e trapiantato, come i suoi abitanti in cerca di nuova terra da coltivare, a Maniace. Carola Graziana, Sara e Michela, sono le ragazze che svolgono il servizio civile alla Pro Loco di Maniace, quelle che hanno postato zu’ Filippo Bontempo Scavo su Facebook mentre canta assieme ai suoi compagni agricoltori. È su questo scambio generazionale di saperi che vuole scommettere il territorio di questo paese di 3.700 anime immerso nel Parco dei Nebrodi, famoso per le pesche e per la ducea di Nelson (chiusa però da anni) inaccessibile ai turisti che apposta, venivano qui per visitarla. Ma l’arte tutta siciliana di gettare alle ortiche le opportunità non fa eccezione nemmeno a Maniace. Eppure, visitare questi luoghi, tuffarsi nel cumulo di paglia appena uscita dalla trebbia, farsi raccontare la vita dei campi, o ascoltare ‘a Nuciddara possono rappresentare, oggi, la vera ricchezza di questo territorio. Ne è convinto il presidente della Pro Loco, Giuseppe Sanfilippo che nella sede di via Margherito ha creato un piccolo museo con pannelli e foto della cultura contadina, vecchi attrezzi agricoli, esempi di 51 varietà di grano presenti in Sicilia, e un presepe che si può “attraversare” allestito per sei mesi l’anno, prima di essere smantellato e rifatto di sana pianta per il Natale successivo.
Ed è sempre opera della Pro Loco di Maniace (una “succursale del Parco dei Nebrodi) mietitura e trebbiatura con una vecchia trebbia fissa del 1956 perfettamente funzionante, un tuffo nel passato di quelle attività di campagna che esistono ormai solo nel racconto degli anziani. «L’obiettivo principale – spiega Giuseppe Sanfilippo – è non perdere la memoria di questa cultura, in particolare della coltivazione del grano. Una volta qui tutt’intorno si coltivava, oggi purtroppo è una coltura abbandonata ma ci sono alcuni che la stanno recuperando seminando determinate varietà “antiche”». Come la “preziusa” le cui spighe alte finiscono nella trebbiatrice di legno, un’Originale Leitner Littorina 60. Da una parte la paglia, dall’altra la pula, dall’altra ancora i chicchi “puliti” da portare al mulino. «Dalla semina alla trebbiatura erano lavori che andavano al di là dei legami familiari – continua Sanfilippo – ogni volta si aggiungevano altre famiglie che aiutavano, nascevano proverbi, si raccontavano aneddoti, era un momento importante per la comunità».
Una condivisione rinnovata sull’aia tra bambini e anziani e che, negli obiettivi della Pro Loco potrebbe diventare in futuro un appuntamento fisso di quel turismo “esperenziale” oggi nuova frontiera del viaggio. Filippo, Antonino, Sebastiano (il nome più diffuso perché è il patrono di Tortorici ndr), Antonina, Signorino, quel mondo l’hanno vissuto quando lavorare la terra era una schiavitù. «Raccontare queste tradizioni ci fa ricordare tante belle cose, seminavamo il grano, ognuno aveva il suo pezzettino di terra – dice Signorino Liuzzu Scorpo – oggi per rinnovare l’agricoltura bisognerebbe consorziare i terreni. «Ma quali belle cose? – interviene Sebastiano Parasiliti -, era sacrificativo dalla A alla Z partivamo di notte, a piedi andavamo a lavorare fino alle 4, tornavamo a casa e l’indomani era ‘u stissu… Oggi i giovani pensano ad altro». «Per me dice Carola Rizzo, una delle ragazze che svolgono il servizio civile alla Pro Loco – è stata un’esperienza nuova. È vero che alcune cose venivano raccontate dai nonni, ma viste dal vivo è molto diverso. Ho imparato cose sul mio paese che non conoscevo e questo può essere utile alle nuove generazioni».
«Qualche ragazzo che prosegue la tradizione delle coltivazioni agricole storiche c’è – osserva Michela Andronaco – ma la maggior parte dei ragazzi qui va via. Io sono felice di dare una mano alla pro loco che cerca di diffondere un messaggio diverso». Sara Triscari, invece, la più piccola del gruppo, è qui per un progetto di alternanza scuola-lavoro «L’ho scelto io per conoscere meglio il territorio ed anche per avere la possibilità di parlare in inglese con qualche turista». «Oggi ci fussiru – commenta Filippo Bontempo Scavo – i giovani disposti a fare questo mestiere, però il Governo non li aiuta. Prima c’erano i contributi per frutta e olive ora li hanno tolti, passano gli anni, ma di leggi non se ne fanno». Carmen Greco Fonte “La Sicilia” del 29-07-2019