In queste settimane drammatiche ci siamo abituati a vedere medici e infermieri combattere in prima linea, a stretto contatto con pazienti affetti da coronavirus. Medici eroi che hanno indossato tute, guanti e mascherine e hanno non solo affrontato il rischio di una possibile infezione, ma hanno di certo subito un enorme sovraccarico emotivo. Ma non sono i soli che affrontano nel loro lavoro quotidiano virus e batteri che rischiano di trasmettersi all’uomo. C’è chi lo fa da sempre. Sono i veterinari delle Asp, che ogni mattina indossano anche loro tute, guanti e mascherine per entrare in contatto con malattie anche pericolose per l’uomo. Si tratta di professionisti che si dedicano con grande passione ed estrema dedizione alla cura degli animali degli allevamenti da cui poi noi ricaviamo latte e carni per le nostre tavole. Se abbiamo parlato con il dott. Emanuele Farruggia, direttore del dipartimento Prevenzione veterinaria dell’Asp 3 di Catania e con il dott. Francesco La Mancusa che per l’Asp 3 è direttore dei servizi che si occupano delle malattie infettive.
«Siamo preparati alla gestione delle emergenze – afferma il dott. La Mancusa -. E per evitare contagi ci atteniamo a rigidi protocolli nel rispetto di un piano nazionale che ci sottopone spesso a severi controlli. «Siamo stati in prima linea durante l’influenza aviaria, balzata agli onori delle cronache mondiali e lo siamo ogni giorno quando effettuiamo controlli e sopralluoghi negli allevamenti, dove non è impossibile riscontrare casi di carbonchio, brucellosi, salmonellosi o anche tubercolosi. Tutte malattie –continua –pericolose che vanno isolate e trattate con estrema, prudenza per evitare il contagio all’uomo e la proliferazione fra gli animali. Per questo è necessaria una severa programmazione e l’utilizzo di dispositivi di protezione. Per noi – conclude – è impossibile abbassare la guardia. Del resto il 70% delle malattie nel mondo sono di origine animale». La sanità pubblica è ben attrezzata ad affrontare virus e possibili epidemie. La domanda è come mai un modello così funzionale non abbia, in occasione del Covid, evitato il contagio ai medici.
«La sanità è unica – risponde Farruggia –quella medica e quella veterinaria e si muovono all’unisono. Certo per noi è naturale muoverci nelle emergenze, ma vedrete che il Covid ci ha fatto capire molto. Del resto anche Istituti zooprofilattici e laboratori fino a ieri prettamente veterinari si sono adattati ad analizzare i tamponi umani. Noi – conclude – abbiamo molto da apprendere dalla sanità umana e loro da quella veterinaria». E in occasione dell’emergenza Covid 19 il lavoro per i veterinari dell’Asp è quadruplicato. «Perché – spiega il dott. Farrugia – abbiamo assicurato tutta l’attività di controllo delle filiere della carne, del latte, del miele e delle uova. Non arrivando merce dalle altre Regioni, la popolazione ha consumato maggiormente alimenti locali. Abbiamo assicurato i controlli anche ai mercati ittici, ai caseifici e a tutte le donazioni alimentari. Tutto senza mai trascurare il lavoro ordinario negli allevamenti e tutte le altre attività. Pensate che effettuiamo controlli mensili anche sulla malattie vecchie e nuove che possono arrivare con le zanzare trasportate dagli aerei». La minaccia è sempre dietro l’angolo. I veterinari dell’Asp, infatti, attendono l’arrivo di un nuovo virus. «Sì – risponde La Mancusa – si tratta della peste suina africana che non dovrebbe contagiare l’uomo. Un virus che proviene anch’esso dalla Cina e che ci sta impegnando in severi controlli insieme ai Carabinieri del Nas». Il lavoro non manca, come neanche i rischi, pane quotidiano per un settore che ha fatto della prevenzione il verbo per salvaguardarsi dai contagi e per garantire salute e benessere sulle nostre tavole. Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 09-05-2020