In un mondo sempre più convinto che il settore della zootecnia abbia in qualche modo responsabilità sugli incendi nei boschi, arriva dagli allevatori, che la settimana scorsa sui Nebrodi per un incendio hanno perso quasi tutto, un forte grido di dissenso. «Non siamo noi ad appiccare i fuochi. – affermano – Siamo le vittime. Per chi ci vuol male è molto semplice bruciare i nostri pascoli». Grido che si amplifica grazie alla forza istituzionale del sindaco di Randazzo, Francesco Sgroi che, dopo il dramma dei giorni scorsi sui Nebrodi, nella sede della Protezione civile ha riunito gli allevatori che hanno perso tutto o quasi, sia per comunicare loro l’intenzione di tentare di convincere il Governo regionale ad aiutarli, sia per scrollare loro di dosso una “nomea” che certo non li rende simpatici. «Al Governo regionale – afferma il sindaco – comunicherò che l’incendio sui Nebrodi ha distrutto a Randazzo oltre 1200 ettari di terreno. All’interno vi erano aziende agricole zootecniche. Oggi l’allevatore non viene più chiamato così. L’Unione europea ha stabilito che si chiama “operatore” e le aziende “stabilimenti”. Questo perché la figura arcaica dell’allevatore non esiste più. In questo nuovo contesto non è più pensabile che l’operatore appicchi il fuoco per pulire il terreno come si faceva 50 anni fa. E lo dimostrano gli allevatori che da questo incendio hanno perso i pascoli che probabilmente avevano già pagato. Saranno costretti a ricomprare il foraggio e alla fine pagheranno il doppio». E gli allevatori, o meglio “operatori”, soprattutto i più giovani, sono pronti a metterci la faccia. «Centinaia di ettari di terreno pronto per il pascolo è bruciato – afferma Giosè Bevacqua di 25 anni –Adesso dovrò andare a cercare il foraggio. Le fiamme, inoltre, hanno ucciso diversi capi e molti sono ancora dispersi». «Tutto il terreno di famiglia – aggiunge Vincenza Portale –circa 200 ettari, è stato distrutto. Anche il mio terreno era pronto per essere pascolato. Viviamo con la paura degli incendi».
E c’è anche chi è nel settore da appena un anno: «Mio padre faceva questo lavoro – afferma Stefano Costanzo di 20 anni – ed io intendo far crescere l’azienda. Per risolvere il problema degli incendi ci permettano di pulire i terreni dai rovi». Gli allevatori, infatti, dicono di essere disposti ogni anno ad effettuare la pulizia dei propri terreni, come del resto impongono le ordinanze dei sindaci. Visto però che parliamo di ettari ed ettari di terra, chiedono di poterlo fare con mezzi meccanici per attutire i costi. «Nei parchi – affermano – non possiamo effettuare lavori con mezzi meccanici. Ci è vietato». E qui forse bisognerebbe capire se i Parchi impediscono realmente l’utilizzo di un mezzo meccanico per togliere solo rovi e sterpaglie. Di certo il problema sorgerebbe quando con le ruspe si finisce per cambiare l’orografia del territorio o si sradicano alberi. Inoltre bisognerebbe accompagnare il grido “chi ci vuol male incendia le nostre terre” da tante denunce. Il dibattito è aperto. GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 06-08-2021