Non più 100 milioni di metri cubi d’acqua, ma 40. Questo il verdetto all’apparenza inappellabile della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania, dopo aver adattato il vecchio progetto della Diga di Bolo alle nuove normative. Dopo la richiesta del sindaco di Bronte, Pino Firrarello, alla Regione siciliana affinché si realizzasse la diga alla luce dei cambiamenti climatici che sottopongono l’agricoltura e il territorio della Piana di Catania a un’oppressiva siccità e dopo l’immediato sì da parte del presidente Nello Musumeci, la Regione ha affidato al prof. Enrico Foti, direttore del dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania, il compito di verificarne la fattibilità progettuale. E il prof. Foti ha praticamente già concluso il suo lavoro. Per questo Firrarello ha deciso di incontrarlo: «La diga che oggi potremo costruire –ha affermato Foti –è un po’diversa da quella progettata 40 anni fa. L’invaso nel vecchio progetto, infatti, ricade nella Riserva naturale integrale delle Forre laviche del Simeto. Siamo costretti, quindi, a prevedere lo sbarramento qualche chilometro più a monte, in contrada Torremuzza. Il vecchio progetto, inoltre, non teneva conto della necessità di mantenere sul fiume Troina il deflusso minimo vitale del fiume. Detto ciò – ha concluso – oggi immaginiamo una diga di 40 milioni metri cubi, nel rispetto delle indicazioni dell’autorità di bacino». Per il prof. Foti, vista la sete d’acqua del territorio, la diga anche se più piccola è importantissima per l’intero sistema delle dighe della Sicilia orientale, con l’acqua utile ai fini non solo irrigui, ma anche industriali e potabili.
«Esattamente quello che penso io – ha affermato durante l’incontro Pino Firrarello –. La diga dovrebbe alimentare Ponte Barca, il lago di Lentini e la zona industriale di Catania, con l’acqua che arriverebbe ovunque per caduta. Certo più acqua potremo conservare meglio sarà. Peccato quindi non poter conservarne 100 milioni, ma meglio di niente. Questo territorio ha bisogno di acqua». Poi il sindaco aggiunge: «Certo mi chiedo cosa ci faccia lì sui Nebrodi, in un territorio lontano dall’Etna, la riserva delle Forre laviche del Simeto». La risposta è semplice. E ad inserire il territorio delle Forre laviche del Simeto nell’elenco dei Siti di interesse comunitario è stato il ministero dell’Ambiente, con la Regione che successivamente ha recepito il Decreto ministeriale approvando le cartografie. «L’ambiente va certamente tutelato, – conclude Firrarello – ma come per tutte le cose ci vuole equilibrio e buonsenso. Lì in contrada Bolo, sul fiume Troina, non vedo forre laviche e se non riusciamo a dare acqua alle campagne perderemo le coltivazioni, facendo un grande danno al territorio e alla natura». Fonte “La Sicilia” del 19-09-2021