Ammonta a oltre cento milioni il valore dei beni sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania a tre persone, una delle quali ritenuta storico esponente del clan Santapaola-Ercolano, Maurizio Zuccaro, 60 anni, da quasi 8 ergastolano al 41 bis nel carcere milanese di Opera, e i messinesi A. e C. P. padre e figlio, rispettivamente di 74 e 40 anni, gestori di un rilevante numero di imprese, in particolare di smaltimento dei rifiuti. Il provvedimento ha interessato 14 società, 7 immobili e numerosi rapporti finanziari ed è stato emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Catania che, a sua volta, ha accolto la proposta di applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata congiuntamente dal procuratore della Repubblica di Catania e dal direttore della Direzione investigativa antimafia. E proprio il Centro operativo etneo della Dia, nel passato, aveva condotto una serie di accertamenti patrimoniali a carico di Maurizio Zuccaro che, a dicembre 2012, erano sfociati nella confisca di beni per un valore complessivo di 30 milioni e nell’aggravamento della misura di prevenzione personale. L’indagine più recente, invece, ha preso in esame la posizione economica, finanziaria e patrimoniale dei P., già arrestati a marzo del 2017 nell’ambito dell’operazione “Piramidi”, blitz condotto da Carabinieri e Guardia di Finanza. Secondo gli inquirenti, sono riusciti a creare un’autentica galassia di imprese, dai servizi di pulizia degli ospedali al settore immobiliare, alla gestione di un frequentato lido balneare, sito lungo il litorale catanese.
Dalle carte dell’inchiesta emergerebbe una sostanziale contiguità tra Maurizio Zuccaro ed i due imprenditori messinesi e, a riguardo, gli investigatori richiamano presenze reciproche in occasione di due cerimonie, il battesimo della figlia del boss e le nozze di un loro congiunto. Il tutto in un periodo storico che avrebbe visto gli affari viaggiare con il vento in poppa, una circostanza che in ambito investigativo non viene considerata casuale, anzi. Da qui i riflettori puntati su A. P., partito carpentiere e nello spazio di qualche lustro divenuto uno degli imprenditori isolani più facoltosi. Un’ascesa che non è passata di certo inosservata e che, a giudizio degli inquirenti, avrebbe fatto registrare l’impennata più significativa alla fine degli Anni 90, quando nella galassia degli imprenditori avrebbero cominciato a moltiplicarsi gli investimenti, attraverso massicce immissioni di capitali non giustificate dalla capacità economico-finanziaria che a quel tempo gli stessi imprenditori. A suffragare le ipotesi investigative sarebbero giunte le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, segnatamente Santo La Causa, Gaetano D’Aquino e Salvatore Viola, in assoluta sintonia con le analisi degli uomini della Dia e con le intercettazioni telefoniche ed ambientali. Elementi che hanno consentito di delineare un quadro, secondo gli inquirenti, tale da raffigurare una correlazione ben precisa tra la crescita del gruppo imprenditoriale ed il ruolo di vertice assunto da Zuccaro nell’ambito del clan Santapaola. Ricostruzione sposata dal il Tribunale che ha ritenuto i beni delle imprese frutto di attività illecite. G. R. Fonte “La Sicilia” del 05-11-2021