«Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, e che la dritta via era smarrita». Con queste parole il sommo Dante iniziò la Divina Commedia. Ma chissà se a ispirare tali versi non sia stato il sottobosco di Monte Minardo, nel bel mezzo del demanio forestale dell’Etna, che al momento, presenta proprio le caratteristiche descritte dal sommo poeta. È di questi giorni, infatti, la pulitura del sentiero, lungo oltre un chilometro, che permette di arrivare sulla cima del monte, da cui si gode un panorama mozzafiato sia dell’Etna che dei Nebrodi e della valle del Simeto. Addirittura nei giorni senza foschia, oltre a vari paesi, tra cui Bronte e Adrano, si vede persino Enna. Ma, come spesso accade, non tutto è fatto a dovere, infatti mentre il sentiero viene pulito dalle erbacce, il sottobosco è purtroppo pieno di rovi, polloni e molti rami secchi che in caso di incendio potrebbero provocare seri problemi. Una situazione, che sta diventando di routine nei boschi dell’Etna, con la pulitura che viene fatta in piccole parti, mentre necessiterebbe di un lavoro accurato e certosino. Del resto, i nostri avi, con i boschi ci lavoravano. Ogni 15-20 anni, gli alberi più grandi venivano abbattuti per essere usati come legname, per farne legna da ardere o carbone, e si lasciava il posto agli alberi più piccoli che avevano lo spazio per crescere. Un lavoro che serviva a sfamare intere famiglie e che impediva agli incendi di attaccare i boschi, tenuti sempre puliti e curati. Purtroppo, oggi, mentre si cerca di mantenere in vita i boschi dell’Amazzonia, sempre più spesso i lavori necessari ai nostri boschi lasciano a desiderare. Un problema di progettazione e di accurati controlli sui sottoboschi ormai sempre più spesso pieni di rovi, e usati da animali per pascolare allo stato brado. Gli stessi controlli, non possono essere effettuati dal Corpo Forestale, con il personale ridotto all’osso.
A farne le spese, sono alberi che vengono attaccati da parassiti come la processionaria o l’edera, che nel giro di qualche anno li portano a morire e a creare uno stato evidente di pericolosità. Di certo non mancano gli operai per fare questi lavori, che non sempre vengono utilizzati come si dovrebbe. Da anni gli stessi chiedono di avere più dignità, e di lasciargli fare dei lavori come la pulitura degli argini dei torrenti e dei fiumi, o la pulitura di boschi abbandonati da anni, ma gli stessi potrebbero anche aprire i rifugi e renderli fruibili, magari con il pagamento di un piccolo canone. Purtroppo da anni si attende la riforma del settore che non arriva, e sempre più spesso i lavori necessari partono in ritardo o addirittura non si fanno, come nel sentiero di Monte Minardo, a cui, oltre alla pulitura, servirebbe anche una bella staccionata. Luigi Saitta Fonte “La Sicilia” del 06-06-2022