«I connotati della condotta evidenziano un consapevole impiego delle somme ricevute non per la realizzazione degli investimenti in vista dei quali il contributo era stato erogato». Con queste motivazioni la sezione giurisdizionale della Corte dei conti (sentenza 2001/2010) ha riconosciuto la responsabilità amministrativa di un imprenditore brontese del settore tessile. G. B., sessantadue anni, titolare dell’omonima azienda, è stato così condannato a restituire al ministero dello Sviluppo economico la somma di 208mila euro aggiornata di rivalutazione monetaria, interessi legali e 133 euro per le spese di giudizio. Nel 2002 il sig. G. B. aveva chiesto un contributo di 628mila euro con la legge 488 per l’ampliamento dello stabilimento specializzato nella produzione di capi d’abbigliamento e nel 2004 aveva ottenuto la prima tranche di 208 mila euro. Due anni dopo la banca concessionaria comunicava all’allora ministero delle Attività produttive che l’azienda non aveva ottemperato all’obbligo di fornire la documentazione delle spese sostenute. La successiva ispezione della Guardia di Finanza della tenenza di Bronte, nell’ambito delle iniziative per la repressione delle frodi sui fondi europei, accertava che nello stabilimento non era stato acquistato alcun macchinario per il confezionamento di capi d’abbigliamento, che l’azienda aveva cessato l’attività nell’anno 2002 licenziando tutti i dipendenti e che i libri contabili obbligatori erano stati compilati soltanto fino a quell’anno. Da qui c’è stato l’avvio del procedimento di revoca del contributo da parte dell’allora ministero delle attività produttive e l’avvio del procedimento di responsabilità amministrativa da parte della Procura contabile che si è concluso con la condanna. Il collegio giudicante ha respinto anche la richiesta di una riduzione che era stata avanzata dall’avvocato Antonio Uccellatore per conto del suo assistito, sottolineando che «la consapevole distrazione delle somme dall’impiego cui erano destinate esclude in radice la possibilità di far luogo all’invocata riduzione dell’addebito».
Antonio Di Giovanni fonte “La Sicilia” del 26-10-2010