Stupore e meraviglia. Rimane esterrefatto il turista o lo studioso che in questi giorni si reca a Bronte per ammirare la raccolta del pistacchio. Rimane meravigliato e stupito non solo per il gusto dell’oro verde, ma anche nel rendersi conto che la pianta cresce praticamente dove nessun’altra pianta potrebbe attecchire. I pistacchieti di Bronte, infatti, si trovano su un irto e roccioso terreno lavico. Vere e proprie distese di pietre spigolose dov’è quasi impossibile camminare e dove, invece, si coltiva e cresce uno dei prodotti più importanti del paniere dei prodotti tipici dell’Etna. Zone dove, in questo momento, come ogni 2 anni, centinaia di operai stanno con fatica raccogliendo il pregiato frutto per stenderlo al sole e farlo asciugare, nell’attesa della Sagra che quest’anno si svolgerà dal 13 al 14 e dal 20 a 22 ottobre. Questo è il regalo che gli arabi hanno fatto al popolo di Bronte, che senza il pistacchio non avrebbero potuto mettere a frutto buona parte del territorio dell’Etna. «Quando si parla di pistacchio – afferma il sindaco Pino Firrarello – chi chiede prodotti di qualità pensa esclusivamente a Bronte. A portarlo qui sono stati i saraceni intorno al Mille. Rispetto agli altri pistacchio ha il vantaggio di essere coltivato in un grosso fazzoletto della Sicilia dove il sole non manca mai e dove può trarre linfa vitale dalle irte lave del nostro vulcano, giovandosi anche di un’altitudine che gli permette di crescere rigoglioso e dare frutto fino a 900 metri sul livello del mare.
Un cocktail di elementi che alla fine ci regalano un frutto dal sapore unico, dall’elevato valore nutrizionale e dal riconoscibilissimo colore verde che lo contraddistingue da tutti gli altri». Si raccoglie ad anni alterni perché negli anni di magra i produttori eliminano le gemme, impedendo la nascita del frutto. Questi, infatti, sanno bene che la pianta non producendo per un anno è in condizione di accumulare energie utili per moltiplicare la produzione dell’anno successivo. Un espediente che, visto l’enorme costo della manodopera per la raccolta, evita che per poco pistacchio si sprechino risorse e pone in essere una vera e propria lotta biologica nei confronti degli insetti che, dopo una stagione senza frutto, l’anno successivo saranno sempre di meno. Fonte “La Sicilia” del 03-10-2023