I motivi restano sconosciuti. Un postino ha falsificato la firma del destinatario di una raccomandata nella ricevuta di ritorno. E questo comportamento anomalo – e anche bizzarro da poter essere benissimo un episodio raccontato in qualche novella dell’umorismo di Pirandello – ha portato a una condanna a un anno del fattorino postale per «falsità materiale commessa da pubblico ufficiale (l’incaricato di pubblico servizio è equiparato al pubblico ufficiale in quanto dipendente di ente pubblico)». L’imputato dovrà anche risarcire il destinatario della somma di 300 euro, che si è costituito parte civile nel processo con l’avvocato Alberto Del Campo. La pena è sospesa a condizione del pagamento del danno e senza menzione nel casellario. Il giudice Chiara Catalano ha depositato qualche giorno fa i motivi che hanno portato alla condanna del 61enne, difeso dall’avvocato Isidoro Musumeci, che ha sempre ribadito di aver consegnato regolarmente la posta. Versione che non ha convinto il Tribunale. I fatti risalgono al 2018. Il portalettere ha suonato al campanello di casa di una famiglia di Randazzo per consegnare una raccomandata ma non ha trovato nessuno. Quella non era la zona che faceva di solito. Invece di lasciare il solito avviso avrebbe deciso di apporre lui la firma al posto del destinatario. In quella lettera c’era la card dei buoni pasto del valore di 200 euro dell’azienda che non è mai arrivata al lavoratore. Se non dopo che si è accorto della singolare vicenda. L’uomo ha sollecitato più volte la ditta del perché i suoi colleghi avessero ricevuto la carta e lui no. Ma dall’amministrazione la risposta è stata sempre la stessa: «Noi l’abbiamo inviata e ci risulta regolarmente consegnata».
Il dipendente è rimasto sorpreso quando ha chiesto la ricevuta e ha visto che qualcuno aveva firmato al suo posto. A quel punto l’uomo ha deciso di andare all’ufficio postale di Randazzo dove, sentite le sue lamentele – ha detto durante l’esame nel dibattimento – qualcuno ha immediatamente puntato il dito nei confronti del fattorino. A quel punto ha deciso di formalizzare la denuncia ai carabinieri. Questo avrebbe portato il portalettere a porgere le scuse ai genitori del destinatario. Episodio negato dall’imputato nel corso delle dichiarazioni spontanee. Uno degli investigatori, sentito nel processo, ha evidenziato che gli accertamenti effettuati con la massima collaborazione di Poste Italiane hanno portato a riscontrare che il giorno della consegna della raccomandata era di turno nella zona proprio l’imputato. «Risulta acclarato che l’imputato agendo da incaricato di pubblico servizio abbia consapevolmente apposto una firma falsa su un atto redatto nell’esercizio delle sue attribuzioni», ha scritto la giudice. Laura Distefano Fonte “La Sicilia” del 14-04-2025