Compirà 92 anni a marzo ed è il barbiere in attività più longevo d’Italia. Si chiama Giuseppe Foti e vive e lavora a Randazzo, dove tutti lo conoscono come don Peppino. È lui ad avere il primato d’anzianità di servizio tra gli artigiani della barba e dei capelli dello Stivale. Un record che lascia del tutto indifferente l’arzillo figaro siciliano, che ha battuto tre suoi colleghi di altre regioni di “appena” 83, 85 e 90 anni. «Non mi conoscevano», commenta sorridendo mentre, con la mano ferma da professionista navigato, fa la barba ad un cliente. Classe 1926, don Peppino fa questo lavoro da 85 anni e, nonostante l’età, si sposta ancora in bicicletta, una Legnano del ’63, o a bordo di una Vespa 150 e ogni mattina alle 8.30 alza la saracinesca del suo salone, una bottega in affitto nella centrale via Umberto. Una vecchia sala da barba che ha aperto con un socio negli anni Sessanta e che, dal ‘92, gestisce da solo. «Ho iniziato prestissimo, era il 1933, avevo 7 anni –racconta –e frequentavo le elementari: la mattina andavo a scuola e il pomeriggio dal “mastro” dove, da apprendista, cominciai a maneggiare pennelli, rasoi e forbici. Prima le insaponature, poi le rasature e, a 12 anni, finalmente il primo taglio di capelli». A 18 anni il militare, dove guadagna qualcosa facendo qualche barba, e al suo ritorno a Randazzo avvia la sua attività, inizialmente da solo, a domicilio, poi in società con altri colleghi. «Avevamo fondato una cooperativa, eravamo in 24 – ricorda – dislocati in 4 esercizi del paese. Poi molti hanno lasciato e io ed un collega abbiamo aperto questo salone. Per 29 anni siamo rimasti in due, poi ho continuato da solo». Sul cavalluccio in ferro e con la seduta in pelle, ormai logora, sono saliti migliaia di bambini di Randazzo, molti oggi 50enni, che continuano a frequentare quella sala anche solo per una “sistematina” ai capelli. Da quella bottega nel cuore della città medievale, sono passate intere generazioni. «In tanti, negli anni – afferma don Peppino, con un pizzico di malinconia – hanno però lasciato il paese e sono emigrati. Ma quando tornano per le vacanze passano a trovarmi. I miei clienti sono perlopiù anziani anche se c’è qualcuno di mezza età che viene, ma io – sottolinea – sono in grado di fare anche i tagli alla moda. Adesso – dice – è tutto più semplice, bastano due colpi di forbice per fare l’acconciatura del momento, ma non voglio parlare male dei colleghi. Anzi – aggiunge – hanno il merito di portare avanti un mestiere che, purtroppo, i giovani scelgono sempre meno. Una volta a Randazzo c’erano anche calzolai e sarti, adesso non è rimasto quasi più nessuno». Nel salone di don Peppino tutto mostra i segni del tempo e l’arredamento è quello d’epoca, di oltre mezzo secolo fa. Tra gli attrezzi anche veri e propri cimeli come una macchinetta manuale d’origine tedesca con la quale durante la guerra ha tagliato i capelli ad un tedesco e che ancora oggi – su richiesta – utilizza. Tanta passione ma anche la necessità di arrotondare la pensione spingono il barbiere più anziano d’Italia, una moglie e due figlie, a non smettere di lavorare. «Ho una famiglia sulle spalle – spiega – e mia moglie ad 84 anni non percepisce alcuna pensione, le mancano 14 anni di iscrizione. Altrimenti non ci sarebbe stata la necessità di continuare. Certamente non posso andare avanti fino a 100 anni, ma cercherò di tirare fino a quando posso». Termina la rasatura dopo Peppino, spruzza il dopobarba al cliente che soddisfatto ci mostra il viso e commenta: «Ha visto? Un pelo in faccia non me l’ha lasciato e certe volte mi fa la barba anche senza occhiali». «Certo –interviene ironico il barbiere che della perfezione ne ha fatto il suo mestiere –da un 92enne si aspettano questo e, forse, anche di più». Filippo Romeo Fonte “La Sicilia” del 15-01-2018