La buona politica dovrebbe portare benefici al popolo, sia essa a livello nazionale, che locale, ma ultimamente spesso questo non avviene, anzi scelte scellerate portano spesso maggiori danni a territori già penalizzati da una economia poco incisiva. Il caso del palazzetto di Acireale è uno di questi: quello che fino a qualche mese fa era fonte di reddito, guadagni e possibilità di creare economia ad un territorio con non molte prospettive. Una politica che non ha saputo cogliere una situazione che da vantaggio è diventato svantaggio, e che invece di una fonte di reddito ha lasciato al Comune un bene da gestire e che giorno dopo giorno aumenta in maniera considerevole il rischio di ulteriori aggravi per il Comune, oltre ad una situazione che ha portato tutti gli organizzatori a ripiegare sul Palacatania per i concerti passati e futuri. Certo, c’è dietro una situazione molto particolare, di un bene che dopo 30 anni torna in possesso del Comune. Lasciando perdere le varie cause legali, che sicuramente dureranno anni, la cosa più importante era quella di non perdere i concerti, cosa che il Comune ha centrato in pieno. Con questo ha ottenuto due cose: la prima quella di chiudere un bene che ogni giorno costa un botto di soldi, e che resta a rischio vandali, distruzione, e mancanza di chiarimenti almeno per effettuare quei lavori necessari a mantenere lo status attuale. La seconda è la normale ricaduta negativa sul territorio. Ogni concerto o evento, porta soldi al comprensorio. Tra manodopera, parcheggi, vendite di cibi e bevande, pernottamenti in strutture della zona, la perdita per tutto il comprensorio è sicuramente altissima. Il tutto per avere avuto la fretta di prendere in carico un bene la cui gestione è sicuramente molto complessa. Forse anche spinti da qualche organizzatore che proponeva facili e decisivi guadagni.
Un pasticcio, figlio della realtà siciliana anche un po’ Gattopardiana, figlio di scelte più legate alla politica che al bene del popolo. Il risultato? Avere portato a Catania eventi di successo, tra cui Mengoni, Elisa, Coez, e in futuro Notre Dame, Modà, Gianna Nannini, Tommaso Paradiso, Emma e tanti altri, che magari faranno più date in un palazzetto grande la metà di quello di Acireale, tra l’altro unico in Sicilia, e che costa agli organizzatori molto poco. E avere portato a Catania l’economia che gira intorno a questi eventi, che è pari a diversi milioni di euro. Che dire? Una mossa figlia della peggiore politica, una mossa che ha ucciso un movimento divenuto molto florido negli ultimi anni. Come riparare? In questo il Comune di Acireale ha due possibilità: mettersi subito al lavoro per sistemare tutto e salvare almeno la nuova programmazione a partire dal prossimo autunno, ma per fare questo occorrono soldi e spese da sostenere per almeno 8-10 mesi senza avere entrate, e nel frattempo predisporre un bando serio che tenga conto delle esigenze degli organizzatori, di possibili sconti a chi lo utilizza spesso, e della portata degli eventi che vanno sicuramente differenziati. Oppure, seria alternativa, dare le dimissioni prima di fare altri danni molto più seri e soprattutto costosi per la Comunità. In un anno Acireale si è giocato palazzetto e carnevale. LUIGI SAITTA