Forse è azzardato parlare di Adrano come una città “mafiafree”, ma certo è che le ultime due operazioni condotte dalla Squadra Mobile etnea e dal commissariato locale e coordinate dalla Dda della Procura di Catania guidata da Carmelo Zuccaro, hanno quasi azzerato i due storici sodalizi mafiosi che da sempre si spartiscono il territorio. Da un lato il clan Santangelo-Taccuni, articolazione territoriale della famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola-Ercolano, che ha portato il 23 febbraio scorso all’arresto di 34 sodali che agivano sotto la guida del boss Gianni Santangelo; dall’altro il clan Scalisi, articolazione territoriale del clan Laudani di Catania, con l’operazione “Triade”: 13 gli arresti di martedì scorso, per i quali il gip venerdì ha convalidato i fermi, e altri due raggiunti ieri dalla misura della custodia in carcere. Tutti sono indagati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere associazione armata, detenzione e porto di armi da fuoco, estorsioni ai danni di commercianti, associazione per delinquere finalizzata alla produzione, al traffico e allo spaccio di cocaina e marijuana, con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Scalisi.
I gip dei Tribunale di Catania e Lagonegro hanno applicato a tutti la misura cautelare della custodia in carcere, ad eccezione di Nunzio Costa, 34 anni, al quale è stata applicata quella dei domiciliari. Nel corso delle indagini, avviate nel mese di marzo del 2019, è stato possibile accertare come Massimo Neri, 36 anni, detto “zicchinetta”, già indicato da numerosi collaboratori di giustizia quale esattore delle estorsioni riconducibili al clan Scalisi, avesse riorganizzato il sodalizio mafioso assumendone il controllo fino alla scarcerazione di Carmelo Scafidi, 54 anni, detto “testa rossa”. La polizia ha documentato i costanti rapporti intercorrenti tra Neri e Antonino Luca Josè Pappalardo, inteso “pitbull”, ritenuto esponente della frangia territoriale dei Laudani operante a Canalicchio (Catania). Le indagini hanno anche consentito di individuare sei episodi estorsivi, cinque nei confronti di operatori commerciali di Adrano e uno – il cosiddetto “cavallo di ritorno” – nei confronti di una persona alla quale era stata rubata l’auto. A questo proposito c’è un’intercettazione in cui Neri parla con la vittima: «… duemila euro… e ti danno la macchina… prendi le chiavi… me le dai a me… mi dai i soldi e io glieli vado a dare e ti faccio trovare la macchina». La vittima risponde: «Uh, e dove l’andiamo a prendere?». Neri: «Poi te lo dico io… tu scendi a Catania, aspetti in un posto e poi ti dico… te la fanno trovare là… vedi che noi ci siamo messi a 360°, sennò era macchina che non trovavi!». La polizia nel periodo monitorato ha registrato particolari momenti di tensione tra gli appartenenti al clan Scalisi e quelli riconducibili ad un altro gruppo criminale locale emergente, culminati nell’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’indirizzo di Salvatore Giarrizzo e Francesco Vitanza.
A seguito di questi fatti, il 21 agosto 2019, all’interno di un’ex palestra di Adrano si tenne un summit con esponenti dei clan Scalisi, Santangelo-Taccuni e Laudani (da qui il nome “Triade” all’operazione di ieri). Giarrizzo cominciò a collaborare con la giustizia nell’estate del 2020, suscitando un forte disappunto tra i sodali del clan, che progettarono atti intimidatori nei suoi confronti e della sua famiglia, culminati il 17 febbraio scorso col danneggiamento di un camion dei panini della famiglia del collaboratore. Dice in un’intercettazione Massimo Neri: «… Ora mi hanno detto i “Taccuni”… li ho mandati a chiamare… li sto facendo venire… questo camion non se lo deve comprare nessuno!». Risponde l’interlocutore: «Ci vuole un fiammifero in questo camion… la cosa giusta è fare questo… questo è il momento giusto… ». Questo episodio ha convinto gli inquirenti ad affrettare gli arresti per timore di ritorsioni più gravi. Vittorio Romano Fonte “La Sicilia” del 07-03-2021