Questa Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito delle indagini a carico di un 46enne di Bronte (CT) indagato per il reato di maltrattamenti in famiglia, ha richiesto ed ottenuto nei suoi confronti la misura cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale etneo ed eseguita in Misterbianco (CT) dai Carabinieri della Stazione di Bronte.
Le indagini, coordinate dal pool di magistrati specializzati sui reati che riguardano la violenza di genere, in uno stato del procedimento nel quale non è ancora intervenuto il contraddittorio con l’indagato, hanno fatto luce sulle condotte poste in essere dall’uomo che si sarebbe reso responsabile di continui episodi di violenza (secondo quanto riferito lo stesso esercitava in famiglia un comportamento autoritario e, qualora contraddetto, ne nascevano dei litigi anche per futili motivi) nei confronti della moglie nel corso della loro vita matrimoniale iniziata nel 1996.
Numerosi sarebbero stati gli episodi nel corso degli anni ma, nei primi giorni dello scorso giugno, l’uomo l’avrebbe anche accusata di presunte infedeltà minacciandola così di morte, alludendo in particolare ad un fatto di cronaca nera nel quale una donna del posto era stata uccisa dal marito.
La conseguente decisione della donna comunicata al marito di procedere alla separazione, pertanto, avrebbe scatenato l’ira dell’uomo, che avrebbe minacciato non solo di distruggere la casa ma anche di ucciderla. Il 46enne avrebbe inoltre “esteso” le sue invettive anche contro i genitori della moglie presso la cui abitazione ella si era appena trasferita, ancora minacciandola di morte qualora non avesse ritirato la denuncia sporta nei suoi confronti.
Il comportamento aggressivo e violento dell’uomo è stato confermato anche dal figlio minore della coppia ma, verosimilmente per un malcelato timore delle minacce del coniuge, la donna ha inteso comunicare ai Carabinieri di Bronte di non voler più procedere nei suoi confronti, aggiungendo a discolpa di quest’ultimo che si era anche scusato con lei nonché, addirittura, affermando che il suo “stringerle le mani al collo” era da intendersi meramente uno “scherzo” e non una violenza fisica.
Successivamente lo scorso 15 giugno la donna, dopo soli cinque giorni, forse per un travaglio interiore che le ha consentito di comprendere la necessità di porre fine al comportamento violento e vessatorio del marito, si è nuovamente recata presso la locale Stazione Carabinieri comunicando, stavolta in maniera chiara e definitiva, la propria volontà di procedere nei confronti del marito che è stato successivamente associato al carcere catanese di Piazza Lanza