«La crisi del polo tessile di Bronte non accenna a diminuire. 115 lavoratrici di Bronte rischiano di rimanere presto senza lavoro e senza ammortizzatori sociali». E’ l’allarme che Gino Mavica, responsabile della Cgil per la zona montana, lancia a seguito della protesta organizzata dai sindacati confederali davanti l’Ufficio provinciale del lavoro di Catania. A sentire la Cgil, infatti, non solo non ci sarebbe una ripresa economica tale da far minimamente sperare un ritorno dei lavoratori del comparto tessile, ma molti di questi starebbero per perdere i sussidi garantiti dagli ammortizzatori sociali. «La speranza espressa qualche mese fa dalle imprese – afferma Mavica – è risultata vana. Il ritorno a Bronte delle commesse di un marchio prestigioso come “Jacob Cohen” non si è ancora avverata». Mavica ci fornisce anche i dati. «Nel gruppo “Bronte Jeans” (un gruppo che riunisce diverse aziende) composto da oltre 200 dipendenti, lavora a singhiozzo appena un terzo di questi, ovvero circa 30 lavoratrici alla “Rossonero confezioni”, che sta producendo i giubbotti Monclair, e altrettante alla Bronte Jeans che sta sfornando al rallentatore i tradizionali pantaloni. Il resto – afferma Mavica malinconicamente – rimane a casa»”. «Sul fronte degli ammortizzatori sociali – ribadisce – le cose purtroppo non vanno meglio. Se fino al prossimo autunno circa 100 dipendenti delle aziende brontesi “Rossonero confezioni” e “Artigianato Tessile” sono coperte dalla cassa integrazione straordinaria, per 115 dipendenti di diverse aziende (2 della “Rossonero confezioni”, 2 di “Artigianato Tessile”, una di “Catania-energie”, 32 di “Ls moda”, 14 di “Gte” e 64 della “Bronte jeans”), che dovrebbero percepire dal primo gennaio la cassa integrazione in deroga, la situazione si è complicata. Infatti, dopo l’accordo quadro regionale siglato a marzo da Cgil, Cisl e Uil con il governatore Raffaele Lombardo che prevedeva lo stanziamento di 50 milioni di euro per finanziare la cassa integrazione in deroga nella nostra Isola è stata improvvisamente bloccata per motivi di natura finanziaria. Il rischio che queste lavoratrici si trovino senza posto di lavoro e, contemporaneamente, prive della copertura degli ammortizzatori sociali di conseguenza è altissimo». Per questo Mavica, ribadendo quanto ha affermato Angelo Villari, segretario generale della Cgil catanese, ha rivolto un ennesimo appello alle istituzioni affinchè aiutino le aziende a conquistare una loro autonomia produttiva. «Le aziende – conclude Mavica – devono essere liberate dal giogo delle commesse dei grandi marchi e messe in condizioni di sprigionare la grande professionalità acquisita».
L. S. fonte “La Sicilia” del 13-05-2012
ERANO 12 AZIENDE
Prima della crisi, quando il Polo tessile di Bronte attirava le più importanti aziende nazionali produttrici di capi di abbigliamento, erano 12 le aziende tessili brontesi che confezionavano soprattutto jeans, dando lavoro a quasi 600 dipendenti e producendo più o meno altri 400 posti di lavoro nell’indotto. Adesso la situazione è diversa. Da alcuni dati forniti dalle organizzazioni sindacali il comparto tessile brontese oggi dà lavoro a non più di 400 operai, con l’indotto che si è estremamente ridimensionato, al punto da non far lavorare più di 100 addetti. Gli indici occupazionali del settore potrebbero ridursi di più.