I carabinieri di Randazzo nel 2017 hanno imbottito di microspie la casa di campagna di Andrea Gullotti, in contrada Ponte Sciara di San Nicola a Bronte. Per gli inquirenti quello è stato il quartier generale di un gruppo di narcotrafficanti organizzato da Gullotti con il nipote Giuseppe Parisi. La Corte d’Appello di Catania, presidente Carmela La Rosa e consiglieri Francesca Cercone e Anna Maggiore, hanno depositato le motivazioni della sentenza che ha portato lo scorso luglio a una condanna nei confronti dei due ‘capi’ della droga tra i pistacchieti a 9 anni e degli altri imputati a pene che vanno dai 5 a 1 anno, riformando di fatto il verdetto del gup che era stato molto più pesante. Il pilastro del quadro probatorio sono state le conversazioni intercettate. Sono quelle che hanno dimostrato «l’operatività» a Bronte del gruppo criminale, scrive la Corte. Qualche sospetto che i carabinieri li hanno preso di mira gli imputati l’hanno avuta. Gullotti più volte li ha avvertiti: «Non parlare più di grammi… non parlate che ci sono le cimici…». Per i giudici di secondo grado non ci sono dubbi: Gullotti – figlio di Giuseppe ammazzato nella guerra di mafia del 2002 – è il vertice indiscusso dell’associazione dedita al traffico di droga composta da Patrizio Cavallaro, Enzo Currenti, Gaetano Merlo, Alex Spitaleri e Luana Sciavarello (moglie di Parisi, ndr) e da un gruppo di carusi rimasti sconosciuti.
Ogni membro della gang dello spaccio avrebbe avuto un ruolo: «Cavallaro, Currenti, Merlo e Spitaleri ricevevano in conto vendita da Gullotti e Parisi la sostanza stupefacente («Dammi una busta bella fresca…»); Luana Sciavarello coadiuvava il marito nel rifornimento e occultamento della sostanza stupefacente». L’organigramma è stato ricostruito anche grazie ai manoscritti sequestrati a casa di Gullotti: «Block notes e buste con sigle e numeri, si identificavano i nominativi di Alex Spitaleri, detto becchino, indicato come Bikk, Patrizio Cavallaro, indicato con Pakk ed Enzo Currenti indicato come En». Per la riscossione dei crediti di droga, la linea del capo è stata molto precisa: «Pietà per nessuno». Le microspie hanno immortalato i conteggi più volte tra Gullotti e il nipote: «Me li ha dati Patrizio… […] a me Patrizio mi dice che mi debbono dare novanta euro di cose qua Chillemi…». I carabinieri, nel corso delle indagini coordinate dalla procura catanese, hanno sequestrato diverse partite di sostanze stupefacenti provocando o grossi ammanchi nelle entrate illecite degli spacciatori brontesi. «Quanti minchia di soldi persi…», hanno commentato i pusher ascoltati in diretta dagli investigatori. Laura Distefano Fonte “La Sicilia” del 16-10-2022