Gli ulteriori controlli di ieri mattina dei carabinieri e degli ispettori dell’Inps nelle campagne di Bronte, dove si sta raccogliendo il pistacchio, aggravano il fenomeno del lavoro nero e del caporalato emerso ieri in tutta la sua drammaticità. Ieri mattina, nonostante il tam tam del giorno precedente, in alcune imprese i carabinieri hanno riscontrato ancora irregolarità. In particolare 2 le aziende finite sotto osservazione. In una i carabinieri hanno trovato un lavoratore totalmente in nero e nella seconda stanno vagliando addirittura l’ipotesi del reato di “riduzione in schiavitù dei lavoratori”. Trovati dai militari dell’Arma anche lavoratori extracomunitari ospitati in precarie condizioni igienico sanitarie. Anche in questo caso pesanti le sanzioni per l’azienda che si avvaleva del lavoratore in nero, sanzioni pari a circa 13 mila euro. E di fronte a queste notizie la città si mostra stupita. Biagio Schilirò, presidente del Consorzio di Tutela del Pistacchio Verde di Bronte Dop, che riunisce i produttori di pistacchio certificato, è dispiaciuto, ma condanna chiaramente ogni forma di illegalità: «Il fenomeno del lavoro nero o del caporalato – dice – va certamente condannato. Ma permettetemi di esprimere il dispiacere nell’aver appreso che anche nella mia Bronte si sono verificati casi. La maggior parte dei nostri associati, in verità, sono piccole imprese familiari ben lontane dall’idea di assumere lavoratori in nero e noi, occupandoci della filiera, siamo grati alle forze dell’ordine per aver effettuato i controlli che è giusto che si facciamo sempre, sia per combattere le frodi, sia il lavoro nero. I produttori – conclude – dovrebbero essere sempre in regola». Non usa mezzi termini Alfio Mannino, segretario regionale della Flai Cgil, uno di quelli che si è battuto affinché il Governo nel 2016 approvasse la legge numero 199 di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo. «I produttori –afferma – spesso ci dicono che il lavoro nero è un fenomeno necessario perché la nostra agricoltura non è competitiva. Poi scopriamo che è radicato anche dove l’agricoltura è di eccellenza. Il tema vero è questo. Sapevamo –continua –che anche nella zona settentrionale dell’Etna ci fossero fenomeni di lavoro nero e sottopagato, oggi scopriamo che esiste anche il caporalato. Abbiamo la necessità di una riforma del mercato del lavoro e per
completare la legge 199 abbiamo aperto un confronto con la Regione». Intanto i controlli delle forze dell’ordine e dell’Inps continueranno. R. P. Fonte “La Sicilia” del 15-09-2017