Un commercialista che opera anche a Bronte non ha restituito al cliente i libri contabili ed è stato condannato a 3 mesi di carcere, pena sospesa. A infliggere la condanna è stato il giudice monocratico del Tribunale di Bronte, Giuliana Fichera, la quale, ravvisando il reato di appropriazione indebita, oltre ai 3 mesi di reclusione, nella sentenza ha aggiunto 300 euro di multa, il risarcimento del danno e il pagamento delle spese processuali. Tutto cominciò nel 2005, quando un artigiano di Bronte ricevette una lettera dell’Ufficio provinciale del Lavoro di Catania che gli comunicava il rigetto dell’istanza presentata per ottenere l’aiuto economico previsto per l’apprendistato l’anno 2002. L’istanza era stata predisposta dal commercialista, che l’artigiano individuò subito come il responsabile del pronunciamento negativo. Forse sentitosi offeso professionalmente, il commercialista decise di interrompere l’assistenza contabile e fiscale del cliente e gli presentò un saldo per le prestazioni professionali effettuate di oltre 2mila euro. L’artigiano non fu d’accordo. Riteneva, infatti, di dovergli semmai appena 600 euro e, convinto di essere stato danneggiato dalla perdita dei contributi derivanti dall’apprendistato, presentò a sua volta un richiesta di risarcimento di 6 mila euro. Quindi, l’artigiano chiese pure l’immediata restituzione di tutti i documenti contabili della sua azienda (registri Iva, dichiarazioni dei redditi mod. 740, modelli F24 pagati, ricevute di versamento), ma per ottenerli ha dovuto rivolgersi al giudice civile, che nel giugno del 2006 ha imposto al commercialista la restituzione di quanto richiesto. Il processo penale, però, è proseguito. L’artigiano ha sostenuto che il rifiuto a restituire i libri contabili era derivato dalla pretesa di ottenere i 2000 euro, il commercialista ha ribattuto che nello studio, a ritirare i documenti, si erano recati i congiunti dell’artigiano, il quale gli aveva sempre raccomandato di non consegnare documenti ad alcuno, neanche ai parenti. Il giudice di Bronte, alla fine, ha creduto all’artigiano, ritenendo il commercialista responsabile del reato di appropriazione indebita.
Z. T. Fonte “La Sicilia” del 24-02-2011