Spararono: condannati Bronte. Cinque anni a Sciacca e Spitaleri, 3 anni e 8 mesi a Di Marco che fecero fuoco contro Bellitto Tre condanne per il gruppo di fuoco che il 15 maggio scorso sparò al 40enne di Bronte Gabriele Bellitto Grillo ferendolo alle due gambe sull’uscio della sua sala giochi “The other place”, sita al 227 della centralissima via Umberto (quasi di fronte al Circolo di cultura), in pieno pomeriggio. Il gip Antonella Romano, dopo aver ascoltato il Pm Andrea Bonomo, ha condannato Vincenzo Sciacca di 31 anni, operaio, difeso dall’avv. Michele Ragonese a 5 anni di reclusione. Stessa pena per Eugenio Spitaleri di 37 anni allevatore difeso dall’avv. Mario Schilirò, mentre Antonino Di Marco di 40 anni, titolare di una cava, fino a ieri incensurato, difeso dagli avvocati Gabriella Gennaro e Carmela Occhipinti è stato condannato a 3 anni e 8 mesi di carcere, I tre erano stati arrestati il 17 maggio dai Cc, con l’accusa di tentato omicidio, ma il Tribunale ha derubricato il reato “a lesioni aggravate”. Allora a convincere i carabinieri della loro colpevolezza furono diverse prove, a cominciare dall’auto con cui i tre sono arrivati davanti la sala giochi gestita dalla vittima, ovvero una grossa Bmw serie X5 che non è passata inosservata. Ci sarebbero poi altri inconfutabili riscontri che gli inquirenti hanno rivelato solo durante il processo, come alcuni fotogrammi dei filmati delle telecamere a circuito chiuso presenti sulla via ed altre prove che alla fine hanno convinto il giudice a condannare i tre. Per Bronte, che in questo momento sta vivendo un momento difficile per l’inasprimento delle attività criminose, una notizia confortante. Il giudizio è arrivato presto e questo potrebbe essere decifrato come la risposta dello Stato contro la criminalità che sparando e spacciando cocaina ha convinto il sindaco Firrarello a chiedere al Prefetto di Catania di convocare un vertice sull’ordine e la sicurezza pubblica. Intanto a Bronte tutti ricordano quel brutto pomeriggio, quando presso il teatro Rita Borsellino incoraggiava i giovani delle scuole di Bronte a contrastare il fenomeno mafioso, mentre contemporaneamente a qualche centinaia di metri di distanza si stava compiendo un plateale tentato omicidio di stampo mafioso. I brontesi ricordano anche la dinamica della sparatoria che forse solo per caso non è costata la vita alla vittima che, intuendo le intenzioni dei tre, avrebbe impedito ai killer di essere precisi e così il proiettile ha attraversato una gamba per poi conficcarsi nell’altra.
C. P. FONTE “LA SICILIA” del 03-11-2007