Risplende l’Annunziata rinascimentale di Bronte, da ieri restituita al culto nel suo Santuario, con una solenne cerimonia presieduta da monsignor Paolo Urso, vescovo emerito di Ragusa. Sono stati restaurati, infatti, l’intero gruppo marmoreo cinquecentesco – opera dello scultore palermitano Antonino Gagini, composto dalle statue della Madonna e dell’Angelo, dal leggio e dal Dio padre fra i Serafini – e l’«Arco trionfale gaginiano». Riemersi con il restauro pure i sigilli del committente Niccolò Spitaleri, sull’Angelo, e del maestro Antonino, sulla Madonna.
I lavori, iniziati a marzo, sono stati conclusi e presentati giovedì. Sulla genesi delle sculture, il direttore artistico e dei lavori, l’architetto Gigi Longhitano, ha spiegato: «Nell’area dei Nebrodi abbiamo le più belle statue dell’Annunziata, caratterizzate dalla cromia degli abiti. Nel 1540, da poco riunitasi nel casale più grande per editto di Carlo V (1535), anche Bronte, come le genti di Longi (longitani), nell’Annunziata vuole identificarsi come comunità»; il 15 agosto 1543 la statua è consegnata.
Per la storica dell’arte Carmela Cappa, responsabile dell’alta sorveglianza del restauro per la Soprintendenza ai Beni culturali di Catania, «cultura artistica e comunità di Bronte, grazie a questo restauro, si riappropriano dell’arco, come riacquistata tribuna, arco che delimita due storie: il Vecchio Testamento, rappresentato dai clipei con i Profeti sulle lesene, ed il Nuovo Testamento, con l’Annuncio dell’Angelo a Maria e l’incarnazione del Verbo rappresentato, dal maestro Antonino, con l’Angelo colto nell’atto del parlare con le labbra dischiuse».
La restauratrice, Maria Scalisi, ha illustrato nei dettagli le tappe dei lavori e le collaborazioni di tante maestranze brontesi, in particolare quella del marmista Maurizio Meli, che ha scolpito le dita mancanti della Madonna. Adesso, a rivoluzionare lapproccio, non solo visivo, soprattutto con le statue, saranno gli “antichi” colori e le dorature, restituiti dalla pulitura, cromie su cui la Scalisi ha sottolineato d’aver eseguito «un’integrazione pittorica con la tecnica del rigatino, nelle parti carenti, mentre le decorazioni sono state integrate con oro zecchino».
Suor Tiziana Longhitano, docente di antropologia teologica presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, si è soffermata proprio sul significato dei colori: «L’oro brilla di luce propria, dice la presenza di Dio in mezzo a noi, il bianco del marmo è silenzio che accoglie. Il blu scuro del Dio padre – ha precisato – simboleggia il mistero di Dio e l’azzurro della Madonna la trasparenza personale, che a volte, percepito come verde, designa la vita. Il rosso cinabro indica l’amore che viene da Dio e, quello sulle labbra della Madonna – ha puntualizzato -, il bacio ricevuto dallo Spirito Santo, che Maria coglie come il bacio dello Sposo alla sposa del Cantico dei cantici».
Da giovedì sera, però, tutto è rimasto velato, sino a ieri mattina, quando il rettore del Santuario dell’Annunziata, Nunzio Capizzi, ha spiegato: «L’Annunziata viene esposta alla devozione dei fedeli il 15 agosto. Data importante, perché, oltre ad essere una delle più grandi solennità annuali della Madonna, come riferisce padre Gioacchino Di Marzo, era la data di consegna delle statue, da parte del Gagini». Padre Capizzi ha sottolineato pure: «Il restauro dell’arco rinascimentale, del gruppo dell’Annunziata e dell’Eterno Padre è stato realizzato grazie alle offerte dei fedeli. Quindi esso è espressione della loro gratitudine, della loro fiducia e della loro devozione alla Madonna». I devoti, infatti, hanno elargito 60 mila euro per lo storico restauro. Fonte GDS