Beni per oltre 3 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania ad Antonino Sciacca, 64 anni, condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione per associazione mafiosa e ritenuto inserito nella consorteria operante a Bronte e nei Comuni limitrofi, che fa capo a Francesco Montagno Bozzone e Salvatore Catania, considerati capi cosca collegati al clan mafioso catanese dei “Santapaola – Ercolano”. La Dia etnea, diretta da Renato Panvino, ha sequestrato diversi rapporti bancari, numerosi automezzi, un’impresa e beni immobili a Bronte, eseguendo così un decreto emesso dalla Sezione Misure di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della Dia. Antonino Sciacca nel 2004 fu raggiunto insieme ai due figli Vincenzo e Signorino e ad altri indagato da una ordinanza di custodia cautelare in carcere durante l’operazione di polizia, condotta dalla Procura etnea, denominata “Tunnel” per associazione mafiosa finalizzata alla commissione di delitti contro la persona ed il patrimonio. Nell’ambito dell’operazione furono arrestate 23 persone tutte di Bronte, Maniace e Cesarò, accusate di appartenere ad associazione mafiosa finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti (omicidi, tentati omicidi, estorsioni, lesioni, minacce, danneggiamenti, incendi, furti, e all’acquisizione in modo diretto e indiretto della gestione e controllo delle attività presenti sul territorio. Sciacca è ritenuto dalla Dia un elemento di primissimo piano e le indagini hanno riguardato anche le attività riconducibili ai familiari, in primis la moglie, titolare di un’impresa inserita nel settore dell’edilizia che sarebbe stata agevolata nella fornitura del materiale dall’alterato regime di concorrenza sul mercato. Accertamenti patrimoniali su Sciacca hanno evidenziato l’assenza di risorse lecite idonee a giustificare gli investimenti effettuati ed una cospicua e generalizzata sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio posseduto. L’impresa confiscata, “Sicilia Inerti di Barbagiovanni Giacomina” – che svolge un’attività di frantumazione di pietre e minerali vari – era stata controllata dalla Dia nel giugno dello scorso anno in collaborazione delle altre forze di Polizia e altri enti che fanno parte del Gruppo Interforze istituito presso la Prefettura e gli investigatori avevano rilevato l’illecita realizzazione e gestione di una discarica abusiva di rifiuti speciali all’interno del Parco regionale dell’Etna e l’attività estrattiva abusiva di materiale vulcanico in una località con vincolo ambientale. Per questa ragione, la titolare dell’impresa era stata denunciata e l’intera area sequestrata, essendo state rinvenute attività di scavo che erano state nascoste riempiendo i siti con materiali di risulta provenienti da altri luoghi e che hanno interessato anche zone a ridosso dell’acquedotto che serve i comuni della provincia di Enna. In particolare, era stata individuata un’area di circa 400 mq per il tombamento di rifiuti speciali provenienti da demolizioni edili sulla quale risultavano scaricate decine di metri cubi di terreno vegetale per celare la modifica dei luoghi. Fonte “La Sicilia” del 16-01-2016