Non c’è un sindaco fra quelli del Consiglio del Parco dell’Etna cui piace il Piano paesaggistico redatto dalla Soprintendenza di Catania. E in verità il nuovo strumento di tutela del paesaggio non piace neanche allo stesso Ente Parco dell’Etna. A nulla, infatti, sono servite le rassicurazioni dei dirigenti della Soprintendenza catanese, intervenuta in massa al Consiglio comunale di Bronte, sul fatto che il Piano paesaggistico non abbia valore all’interno dell’area protetta, dove – a sentire la Soprintendenza – continuerebbero a essere in vigore le norme del Parco dell’Etna. L’Ente con sede a Nicolosi, infatti, intende vederci chiaro e per questo è pronto a presentare opportune osservazioni. Osservazioni riassunte in 6 pagine fitte e ricche di contenuti, firmate dall’ing. Giuseppe Di Paola e dai dottori Michele Leonardi e Rosa Spampinato e mostrate ai sindaci, all’interno di un Consiglio del Parco presieduto dal commissario Gabriele Ragusa. E il Parco nelle osservazioni è particolarmente esplicito. Oltre a chiedere chiarezza sulla “sovraordinazione” del Piano paesaggistico all’interno dell’Area protetta, fra le tantissime cose obbietta come il Piano paesaggistico nelle zone “D” non consentirebbe la realizzazione delle serre, contrastando le modalità di conduzione agricola, e inoltre individua il livello di tutela 3, quindi massimo, nella zona “B”, dove insistono anche aree agricole. Ma quello che il Parco dell’Etna non accetta, e i tecnici lo hanno espressamente denunciato, e che il Piano paesaggistico riporti fedelmente la mappa dei boschi redatta dalla Regione nel 2012 che non risponde alla realtà, individuando aree boscate (e quindi con una normativa così rigida da non consentire alcuna nuova azione dell’uomo), in aree dove in realtà non ci sono boschi. «La Soprintendenza – è stato detto – dovrebbe adottare non questa mappa, ma gli studi agricoli forestali adottati da ogni Comune, che sono certamente più coerenti con la realtà». Tesi che ha riscosso il consenso totale da parte dei sindaci, pronti a contestare un Piano paesaggistico considerato penalizzante per lo sviluppo economico. A sentire i primi cittadini, infatti, il Piano paesaggistico oltre ad aumentare i vincoli, presenterebbe incongruenze: «Il Parco – hanno sostenuto in tanti – impone l’uso della pietra lavica e la Soprintendenza ne impedisce l’estrazione nelle cave». Così adesso i sindaci daranno vita a un’azione politica forte. Quelli di Randazzo e Maletto, rispettivamente Francesco Sgroi e Pippo De Luca, hanno già chiesto un incontro con il presidente Musumeci per chiedere il ritiro del Piano paesaggistico. Se l’invito del presidente non dovesse arrivare, Sgroi e De Luca hanno chiesto e ottenuto dai colleghi di organizzare, lunedì 25 febbraio, alle 9, una protesta a Palazzo Esa di Catania, dove i sindaci si presenteranno con tanto di fascia, chiedendo di essere ascoltati. GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 15-02-2019