Il latitante Roberto Boncaldo, sfinito, è stato ammanettato dopo un rocambolesco inseguimento. Giovanna quasimodo Ieri mattina, in una conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei carabinieri, sono stati svelati i particolari sull’arresto del latitante catanese Roberto Boncaldo (ricercato per reati di mafia), avvenuto venerdì scorso sull’Etna, nel corso di un massiccio e spettacolare blitz, attuato dai militari della compagnia di Randazzo, unitamente a quelli del reparto operativo del Comando provinciale, con la preziosa collaborazione dei loro colleghi del 12° Elinucleo di Catania e delle unità cinofile di Nicolosi. Insieme a Boncaldo sono finite in carcere altre otto persone (in parte catanesi e in parte appartenenti al «clan Catania» di Bronte) accusate però solo di favoreggiamento personale. I nove picciotti si erano incontrati in una masseria (in contrada Cittaino, località di montagna impervia, a 10 chilometri dal centro abitato) per un summit mafioso. Doveva essere un incontro impegnativo, intenso, che si sarebbe protratto fino a sera, comprendendo la pausa del pranzo, invece si è rivelato per i convenuti una vera e propria trappola. I nove uomini infatti sono stati sorpresi verso le 12,30, mentre banchettavano all’aperto. All’arrivo dei militari (intervenuti massicciamente con un contingente di 85 uomini, schierati, anche in elicottero, per non lasciare alla controparte alcuna via di scampo) c’è stato il fuggi fuggi. Attorno al casolare, c’è un pianoro «aperto», ma poche centinaia di metri più in là c’è il costone di una montagnola, nonché scarpate e dirupi ammantati di roveti; qualcuno dei fuggitivi si è anche ferito; c’è stato chi è stato preso subito e chi invece, come il boss latitante Boncaldo, accompagnato dal sorvegliato speciale Antonino Triscari, ha dato maggior filo da torcere. Boncaldo e Triscari (quest’ultimo si è tra l’altro ferito a una mano scavalcando una recinzione metallica) si sono fatti rincorrere per oltre 7 ore, abbarbicandosi tra la vegetazione del costone rocciose e strisciando come bisce. Alla fine, sfiniti, si sono accasciati sotto un albero sperando nella buona sorte, ma sono stati implacabilmente raggiunti dai militari che non li avevano mai persi di vista grazie alla sinergia operativa prestata dai colleghi in elicottero. Boncaldo, elemento di spicco del clan Santapaola (inserito nelle «alte sfere» del gruppo di S. G. Galermo), era ricercato da mesi, in seguito a una condanna a 13 anni e 2 mesi riportata, nel giugno scorso, a conclusione del processo antimafia «Traforo». Il summit era stato organizzato probabilmente per stabilire ulteriori strategie sulla gestione criminale in alcune zone della Provincia di Catania (traffico di droga, estorsioni, ecc. ecc.), strategie da aggiungere a quelle già attuate da circa un anno a questa parte e che a Bronte hanno fatto registrare un vertiginoso aumento delle attività mafiose. Naturalmente il «Clan Catania» di Bronte, come succede in ogni «frangia» periferica che si rispetti, agiva seguendo le direttive della «casa madre», qui appunto rappresentata dal catanese Boncaldo. L’incontro col boss catanese, dunque, doveva logicamente preludere a qualche azione criminosa di un certo peso. A finire in manette, con Boncaldo, sono stati i catanesi Salvatore Strano, 46 anni e Giuseppe Strano (40) e Salvatore Furneri (28 anni), nato in Germania e residente nel capoluogo etneo; nonché i brontesi Claudio Reale (colui che teneva direttamente i contatti coi catanesi), di 36 anni; Santo Reale (37), Salvatore Saitta (28) e Antonino Triscari Pazzitto (28 anni, proprietario della masseria) e infine il biancavillese di 22 anni Giuseppe Parisi. Ma il nuovo organigramma della mafia brontese, con tutte le strategie di mercato e i misfatti programmati per spadroneggiare anche nei comuni limitrofi, erano già venuti fuori l’anno scorso, quando la Squadra Mobile di Catania portò a compimento l’«Operazione Meteorite» provando l’esistenza del gruppo autonomo brontese che rispondeva direttamente agli ordini dei santapaoliani catanesi. In quella circostanza Boncaldo riuscì a sfuggire alla cattura.
La Sicilia 13-08-2007