Il suo cielo in una stanza è livido. Di tristezza e di paura. «Sono distrutta. Piango per mio figlio che è in carcere, ma anche per quel ragazzo che è morto e per la sua famiglia». La piccola ma dignitosa casa, alle spalle di piazza Rosario, è una prigione di rimorsi. Che perseguitano N. G., madre di B. R., il sedicenne che ha ucciso Matteo. I rimorsi, ma anche le scuse alla famiglia della vittima, al di là del valore che possono avere per chi ha appena perso un figlio di 13 anni. «Io chiedo perdono alla famiglia Galati – dice con un filo di voce – a nome mio e di mio figlio. Anch’io sono una mamma, lo capisco bene cosa significa perdere un figlio. Quel ragazzo non tornerà in vita, ma …». E i puntini di sospensione si sciolgono in un singhiozzo. Il marito è in carcere per reati di droga, anche lei ha precedenti. Ma rivendica di non aver fatto mancare nulla ai suoi due figli: «Anch’io ho fatto i miei sbagli, ma adesso lavoro dalla mattina alla sera per dare una vita dignitosa ai miei ragazzi». Parlando del figlio, la donna descrive un ragazzo «dal carattere buono, che non aveva mai avuto problemi né a scuola, né con gli amici». Di quella notte maledetta ricorda la faccia impaurita del figlio, che ha provato a rassicurala: «Mamma, non ti preoccupare per me». Qualche frammento anche sulla dinamica: «Piangeva, mi ha detto che ha uscito il coltello per difendersi. Era spaventato, non ha capito cosa è successo: quando è andato dai carabinieri non sapeva nemmeno che Matteo era morto». Una dinamica che viene rilanciata anche dal legale della difesa, Giovanni Milana, alla vigilia dell’interrogatorio di oggi alle 11 a Catania, davanti al Gip del Tribunale dei minori, Lia Castrogiovanni e al sostitito Carla Santocono. Ieri mattina il legale ha incontrato il baby-killer: «Il mio assistito non ricorda di aver attinto il coltello, ma soltanto di averlo estratto per difendersi da un gruppo di ragazzi avevano ingaggiato con lui una colluttazione durante la quale è stato ferito al collo e alla testa». L’avvocato descrive il sedicenne come «un ragazzo estremamente sofferente e turbato. Piange, vorrebbe chiedere scusa ed è consapevole di aver causato l’infelicità di un’intera famiglia». E il coltello? L’avvocato non si sbilancia: «L’ha preso a casa, ma su questo aspetto ci sono tanti punti oscuri da chiarire».