L’equinozio di autunno appena trascorso ci porta alla scoperta di un monumento preistorico tra i più affascinanti e meno conosciuti dell’isola. Siamo nel territorio di Bronte, nel Parco dell’Etna, dove nelle sciare di S. Venera, in contrada Balze Soprane, si trova la cosiddetta “spirale megalitica”, un monumento che ricorda i famosi cromlech anglosassoni, “riscoperto” durante i lavori di metanizzazione del secolo scorso. Si tratta di un’area sicuramente frequentata in età preistorica per la presenza di tre grotte di scorrimento lavico di uso rituale e funerario, una necropoli tardo neolitica, compresa una possibile struttura di combustione di età neolitica. La terrazza su cui sorge la struttura megalitica si affaccia su un’am – pia valle percorsa dal torrente Saracena, nella sella tra i fiumi Alcantara e Simeto. Questa ‘spirale di pietra’ è formata da lastroni di pietra lavica alti circa 1,70 m, scelti e semilavorati in modo che combaciassero perfettamente. L’andamento è vistosamente a spirale per una larghezza di 3 metri e presenta un corridoio che le gira attorno. La struttura misura complessivamente 5 metri. In base alla tecnica costruttiva si può collegare all’architettura megalitica attestata in Sicilia tra la fine dell’età del Rame e l’età del Bronzo Antico (seconda metà del III millennio a.C.).
Si tratta di una architettura tanto affascinante quanto enigmatica. La mancanza di una vera e propria camera funeraria e di un percorso diretto verso di essa dall’esterno rende poco plausibile l’ipotesi che si sia trattato di una struttura funeraria, mentre sembra più probabile una destinazione rituale forse collegata a cerimonie di tipo iniziatico. Lo studio archeoastronomico condotto dall’astrofisico Andrea Orlando avvalora la seconda ipotesi, cioè che la ‘spirale megalitica’ abbia avuto una valenza cultuale. «L’orientamento dell’ingresso della struttura megalitica è astronomico, ed in particolare equinoziale, spiega Andrea Orlando – ovvero i costruttori di tale architettura hanno costruito l’ingresso orientandolo verso il punto in cui il Sole tramonta nei giorni prossimi agli equinozi (primavera ed autunno)».
Ma l’analisi sull’orientamento della struttura megalitica di Balze Soprane non è il primo studio su un monumento preistorico che viene condotto in Sicilia. Pioniere degli studi archeoastronomici siciliani è infatti Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale tragicamente scomparso nel marzo 2019 nell’incidente aereo in Etiopia. «Pochi sanno infatti – continua Orlando – che fu proprio Tusa agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo ad iniziare una prima campagna di studio di astronomia culturale sull’isola. Il primo studio considerò i Sesi di Pantelleria, monumenti funerari megalitici risalenti all’età del Bronzo Antico siciliano (2200-1400 a.C.), e fu condotto insieme a Giorgia Foderà Serio, astronoma palermitana, e Michael Hoskin, storico inglese. Il secondo studio, svolto insieme all’astronoma siciliana, riguardò una parte delle architetture rituali siciliane costruite dal IV al II millennio a.C., come per esempio le necropoli a pozzetto eneolitiche di Tranchina e Roccazzo a Sciacca, e le tombe a grotticella del Bronzo Antico di Castelluccio e Cava Lazzaro nel siracusano». Salvatore Zappulla Fonte “La Sicilia” del 28-09-2020
LA RICERCHE DI ARCHEOASTRONOMIA – STUDI A MOZIA, A USTICA E NEI TEMPLI DELL’ANTICA AKRAGAS ; Dopo gli studi avviati da Tusa, ci furono altri progetti svolti a Mozia, nella Valle dello Jato e a Ustica, ma è nel 2014 che l’archeoastronomia balza agli onori della cronaca con la fondazione dell’Istituto di Archeoastronomia Siciliana, associazione che si propone più come un vero e proprio istituto di ricerca scientifica. «Dopo 6 anni –parla Andrea Orlando che presiede l’istituto-sono già numerosi i progetti di ricerca avviati e condotti in collaborazione con diversi enti ed università italiane e straniere. Si ricordano quelli dedicati ai templi greci dell’antica Akragas, alle necropoli a pozzetto del sito del Bronzo Medio di Thapsos, all’altopiano dell’Argimusco, alla Rocca di Cefalù, ai villaggi preistorici delle Eolie ed alle tombe rupestri della Valle dell’Alcantara, dove si trovano alcune tombe con orientamento astronomico, come quella presente a Rocca Pizzicata (Roccella Valdemone), grande tomba a camera che rimanda a tipologie dell’età del Bronzo». A giugno 2020 è stato avviato un importante progetto di studio in uno dei siti più importanti dell’Età del Bronzo Antico: La Muculufa, una collina situata nella valle del Salso. Il progetto di ricerca è condotto insieme all’Università di Cincinnati (Ohio, Usa). Salvatore Zappulla Fonte “La Sicilia” del 28-09-2020