“Un operaio di 64 anni, dichiarato ormai dai medici un malato terminale, nell’impossibilità oggettiva di riprendere a lavorare si trova per questo motivo con uno stipendio pari a zero e senza alcun diritto o sussidio statale”. E’ la storia triste di un operatore ecologico di Bronte raccontata dal sindacalista Salvino Luca. L’uomo ormai è troppo stanco, debilitato e forse troppo arrabbiato per raccontare personalmente la vicenda. E poi, per il lavoratore, Luca, segretario regionale della Confael per i servizi sanitari, si districa più facilmente fra i meandri delle normative. “Siamo di fronte a un vero e proprio paradosso – esordisce Luca – Al lavoratore all’inizio del 2013 è stato diagnosticato un tumore. Lui non si è dato per vinto, ma fra visite mediche e giorni difficili, in 2 anni ha superato i 577 giorni di malattia consentiti dal suo contratto di lavoro. Fino al mese di novembre ha ricevuto regolarmente lo stipendio, ma non potendo tornare al lavoro per questioni di salute, riconosciute anche dalle Commissioni mediche che lo hanno nel tempo visitato, oggi la sua busta paga è pari a zero”. Luca mostra la lettera inviata dalla società. Nel documento l’azienda ricorda al lavoratore che non può più ricorrere all’istituto della malattia, allegando alla missiva la sua busta paga che a gennaio è pari a zero”. “Intendiamoci – ribadisce Luca – dal punto di vista formale non credo che l’Azienda abbia torto, ma mi domando in che modo e in che condizioni il lavoratore, che sta affrontando una grave malattia, continuerà a vivere. Mi domando come e se riuscirà a garantirsi la spesa dei farmaci. Ci troviamo, infatti, di fronte a una persona che secondo lo Stato non ha diritti. A differenza dei lavoratori della Pubblica amministrazione, infatti, non ha il diritto di usufruire ancora dell’istituto della malattia, perché il suo contratto è regolato da norme differenti, non può ancora attingere a sussidi assistenziali garantiti ai meno abbienti perché nel 2015 ha percepito un reddito. Per lo Stato, quindi, non è ancora in condizioni di indigenza. Una situazione paradossale”. Luca racconta ancora che il lavoratore, ricevuta la missiva, accompagnato dalla moglie si è recato al lavoro, ma ovviamente non era in condizione di poter operare. “Voglio lanciare un appello a tutte le forze politiche – conclude Luca – voglio far sapere come vengono trattati i malati terminali. Non credo che questo sia un caso unico. Esiste una falla nel sistema solidaristico nazionale che bisogna cucire. Certe cose non possono essere trattate con la logica dei freddi numeri, ma con il cuore”. Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 04-02-2016
274 MILA PERSONE HANNO PERSO IL POSTO DI LAVORO – No alle discriminazioni sul lavoro per i malati di cancro, si invece a una legge che disciplini con esattezza il periodo di comporto. Il tempo, cioè entro il quale non si può essere licenziati, principalmente eliminando le differenze tra settore pubblico e privato e tenendo conto anche dei lavoratori autonomi, particolarmente discriminati. Questo il messaggio lanciato dalla Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia). Per il 97% dei malati è importante continuare a lavorare, ma si può stimare che oltre 274 mila hanno perso il lavoro, tra licenziati, “dimissionati”, costretti a cessare l’attività. Fonte “La Sicilia” del 04-02-2016