“Riconosciamo i meriti di questa direzione generale dell’Asp che in pochi mesi ha fatto quello che non è stato fatto per anni. L’Ospedale di Bronte però denuncia una preoccupante carenza di medici e non ha infermieri a sufficienza. Così non si può continuare”. È l’appello che il sindaco di Bronte, Pino Firrarello, ha lanciato in occasione di un vertice tenuto all’interno dell’ospedale alla presenza dei sindaci del comprensorio, della Giunta e di diversi consiglieri comunali, degli operatori sanitari e di diversi sindacalisti del settore, ma soprattutto del vertice aziendale dell’Asp. All’incontro, infatti, ha partecipato il direttore generale dell’Asp 3 di Catania, Maurizio Lanza giunto a Bronte con il direttore sanitario Antonino Rapisarda e quello amministrativo Giuseppe Di Bella. A fare il quadro della situazione è stato il direttore sanitario dell’ospedale il dott. Salvatore Pillera che ha evidenziato la cronica carenza di medici ed infermieri che diventa sempre più allarmante. A Pillerà hanno fatto eco gli interventi dei sindaci di Maletto, Pippo De Luca e Cesarò, Salvatore Cali, ma anche i sindacalisti Carmelo Venia, Salvatore Tirendi e Antonio Sanfilippo.
Le repliche degli amministratori dell’Asp però hanno evidenziato come sia vero che gli infermieri per i servizi dell’ospedale sono pochi, ma sono quelli previsti in pianta organica. “E noi – ha affermato il dott. Rapisarda – abbiamo l’obbligo di rispettarla. Una soluzione però c’è. Possiamo impegnare un maggiore numero di operatori socio sanitari”. Quella che preoccupa di più però è la carenza di medici che non si trovano. A sentire Lanza ogni anno si specializzerebbero meno medici rispetto alle esigenze dell’Asp, medici che poi preferiscono i grandi ospedali. “Io – ha affermato – non posso fabbricare medici. Una soluzione? Gli ospedali della città con organici al completo potrebbero gestire gli ospedali di periferia”. “Domani – ha concluso Firrarello – c’è un vertice con i sindaci sulla Sanità. Presenterò una mozione affinché vengano aboliti i meccanismi nazionali che limitano gli accessi nelle facoltà di medicina e nelle scuole di specializzazione”.