Ad aggiudicarsi provvisoriamente il servizio di refezione scolastica nelle scuole di Bronte è una ditta di Belpasso, ma le mamme protestano perché temono che il cibo per i propri figli arrivi inscatolato come negli ospedali. Una scena già vista in tanti Comuni che, legge alla mano, possono limitare la distanza tra la cucina e la scuola, ma non possono creare le condizioni affinché si cucini esclusivamente in loco. Per questo il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, ricevendo messaggi allarmistici di diverse mamme, ieri ha organizzato un incontro in Comune. «State tranquille – ha detto il primo cittadino alle mamme, alla presenza anche degli assessori Chetti Liuzzo ed Ernesto Di Francesco e di alcuni consiglieri comunali – noi per primi abbiamo a cuore la qualità dei cibi che mangiano i nostri figli. Per questo, all’identico bando pubblicato negli ultimi 15 anni abbiamo aggiunto due clausole che riguardano la qualità dell’impresa che partecipa, che deve avere certificazione di requisiti e deve garantire un numero di pasti da consegnare alle famiglie indigenti attraverso i Servizi sociali del Comune. Come vuole la legge – continua Calanna – da 15 anni a questa parte il bando ha sempre previsto che i partecipanti possedessero il centro cottura a una distanza non superiore a 30 km dalla scuola e noi ci siamo attenuti alla legge. Fino allo scorso anno ha partecipato solo una ditta, adesso in tre hanno inviato proposte». Qualche mamma ha affermato che sono state le nuove clausole a determinare l’aggiudicazione di una ditta non brontese, ma il sindaco ha replicato: «Queste condizioni, imposte del resto a tutte le aziende, non hanno influito. Semmai garantiscono qualità a vantaggio dei nostri figli e della solidarietà sociale. Vi ricordo – ha continuato a spiegare Calanna – poi che un sindaco non può certo interferire con le gare d’appalto, perché commetterebbe un reato, nè pubblicare un bando che contrasti con la normativa vigente». «Da brontese – ha concluso – può farmi piacere che a vincere sia una ditta locale, ma da sindaco devo essere ossequioso delle norme. Una cosa è certa – ha concluso il primo cittadino – se il cibo non dovesse garantire standard di qualità ottimali, saremo pronti a intervenire». Il problema non è nuovo ed è uguale in parecchi Comuni italiani. Gli uffici degli Enti locali, nel rispetto delle nuove normative, devono garantire il principio della parità di trattamento dei concorrenti, sanciti dall’art. 2 del D.Lgs. n. 163/2006, nonché di alcune direttive europee in materia di appalti. Si vuole evitare di produrre un iniquo vantaggio per gli operatori economici già operanti sul territorio di riferimento, nei confronti degli altri di quello circostante, che potrebbe anche determinare un elemento di distorsione dei costi. I genitori, invece, preferirebbero, che i cibi dei propri figli non venissero inscatolati, ma somministrati direttamente. Fonte “La Sicilia” del 08-02-2018