Non c’è pace, per la città di Bronte, che si vede continuamente privare di servizi essenziali, o che ancora aspetta interventi di ripristino che dovevano essere fatti con una certa urgenza. Da poco si è parlato della chiusura futura del Punto nascita, del locale ospedale, ma intanto, dal primo luglio, è stato chiuso il punto di Primo intervento pediatrico (PPIP), situato nel viale Catania. Una grossa perdita per i bambini della zona, che adesso, in caso di bisogno di cure nei prefestivi o nei festivi, saranno costretti ad andare al Ppip di Adrano, oppure a rivolgersi al pronto soccorso dell’ospedale, che già affronta molti casi al giorno spesso con un solo medico di turno. Una situazione paradossale, visto che nello stesso ospedale, i prefestivi ed i festivi, non c’è di servizio un medico pediatra, ma lo stesso è reperibile. Un servizio, quello del Ppip, che ha effettuato circa 1300 accessi nel 2014, di cui solo una ventina, hanno avuto la necessità di essere ricoverati in ospedale. Un servizio “tagliato” in alcuni Comuni, tra cui Bronte, e che invece, almeno per ora, rimane in altri, in nome di numeri e risparmi, che vengono valutati da chi dirige la Sanità, senza tenere conto di altri importanti fattori che sono più importanti dei numeri. Basti pensare, che da oggi, un bimbo di Cesarò, S. Teodoro, o Randazzo, dovrà viaggiare per almeno un ora, in condizioni buone, per potere avere una visita pediatrica. Migliora, forse, la situazione della Tac dell’ospedale, ferma da 14 giorni, per un guasto ad un condizionatore. Un guasto banale, ad uno strumento non diagnostico, che però ha privato i sanitari del “Castiglione Prestianni” di un importante strumento diagnostico, con le ambulanze costrette ad arrivare a Biancavilla, Paternò ed anche a Catania, con pazienti con gravi problemi cerebrali e che necessitavano della Tac. Un guasto che poteva e doveva essere riparato con più celerità, ma che come sempre, si ripercuote su un ospedale abbandonato dai vertici sanitari, con i lavori di ristrutturazione fermi da anni, e con gli operatori costretti a lavorare in condizioni sempre più pessime e senza validi interlocutori. In una zona in cui i cittadini hanno sempre più doveri, e sempre meno diritti.
LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 03-07-2015