Leggere il manifesto nel quale c’è scritto che la comunità brontese si prepara a portare in processione “U Santu Capillu”, mi fa tornare in mente una novella del Boccaccio, che, con tanta enfasi, il mio docente di lettere alle medie raccontava. Il poeta Giovanni Boccaccio, nella sua monumentale opera “Decameron”, tra i racconti della sesta giornata narra la stravagante vicenda di frate Cipolla, un religioso “piccolo, di pelo rosso e lieto nel viso e il miglior brigante del mondo”. Egli, che si vantava dinnanzi
al popolo di possedere niente meno che una penna lasciata dall’Arcangelo Gabriele durante la sua visitazione alla Vergine Maria, fu vittima di uno scherzo: due giovani scettici vollero rubare quella penna e sostituirla con dei carboni al fine di mettere in ridicolo il frate. Quest’ultimo, il quale aveva promesso alla folla di mostrare l’angelica reliquia, accortosi della sostituzione
durante il suo discorso pubblico, attraverso un abile gioco di parole e una storia inventata, in maniera sfacciata si vantò di possedere i carboni “co’ quali fu il beatissimo martire san Lorenzo arrostito”. I due schernitori, udito tutto ciò, “avevano tanto riso
che eran creduti smascellare”. La storia, ovviamente critica nei confronti della Chiesa del tempo, narra in chiave umoristica la tragicità del traffico e contraffazione delle reliquie sante. Un male da molti secoli esistente che, tramite le nuove possibilità di
scambio offerte dalla rete internet, trova sempre più spazio e risorse. Un male sacrilego condannato con fermezza dal diritto Canonico, eppure in forte ascensione. La reliquia del Santo Capello, suscita spesso molti interrogativi circa l’entità e l’autenticità di essa. Per quanto riguarda il primo, l’entità, la reliquia è costituita da un pezzetto di capello della Beata Vergine Maria, intrecciato ad un filo d’oro, chiuso in una teca d’argento con la medaglia di Pio IX, incastonato in un reliquiario molto grande del secolo XVII. Il Santo Capello è stato portato a Bronte da un frate minore di terra santa ospite del convento di San Vito e donato alla chiesa Maria SS. Annunziata. Per quanto riguarda l’autenticità, ritengo che sia ozioso parlarne; infatti, una cosa è certa: l’amore e la devozione dei Brontesi per la Vergine Annunziata, loro Patrona, non è legata affatto alla reliquia.
NUNZIO CARUSO “Lo Dico a “La Sicilia” del 09-09-2017