Diversi giovani giocatori squalificati per lungo termine e 4 provvedimenti di daspo, sono il risultato dell’aggressione avvenuta a Riposto, durante una gara del campionato allievi, ai danni di un giovane arbitro di 19 anni della sezione di Acireale. Provvedimenti pesanti, con 7 squalificati per 5 anni, e altri tre per 3 anni e la squadra allievi del Riposto cancellata dal campionato per il prossimo anno. Ciò che è avvenuto è stato di una violenza inaudita, e ora bisogna trovare i colpevoli per avere giustizia. Intanto in tribuna erano presenti circa 150 spettatori, nonostante l’inagibilità e il divieto di ingresso al pubblico, con la partita che doveva disputarsi a porte chiuse. Già questo la dice lunga sull’atmosfera in campo e fuori, poi basta leggere il comunicato della Figc provinciale, per capire come l’arbitro abbia rischiato la vita. Infatti, leggendo il suddetto, è scritto a chiare lettere che diversi giocatori, oltre a colpirlo a ripetizione, gli hanno più volte detto che non sarebbe uscito vivo dal campo. Contro tutte le regole di lealtà sportiva e rispetto degli avversari e del direttore di gara. Dare a un arbitro, la colpa di una sconfitta è un alibi di cristallo. Anche lui è un uomo, è può sicuramente sbagliare, ma ciò non vuol dire che per questo si deve massacrare. Dovremmo fare la stessa cosa quando un compagno sbaglia o un portiere fa una papera e prende il gol? O anche in quel caso è colpa dell’arbitro?
Cosa abbia preso ai giovani calciatori del Riposto è incomprensibile, pur con tutto il nervosismo e le ragioni di questo mondo. Hanno sbagliato e devono pagare, forse anche di più di quanto hanno avuto, insieme a chi ha permesso certi atteggiamenti e l’ingresso in tribuna di pubblico che non doveva esserci. Le tutele iniziano quando si danno punizioni esemplari e si fanno scontare per intero. Un giovane arbitro, che rischia la propria vita per una partita di pallone, o addirittura per un rigore negato o concesso, non è una cosa degna di un paese civile. Quando accaduto a Riposto ha fatto molto male agli arbitri, a tanti calciatori che osservano le regole, e soprattutto al calcio, ancora una volta additato come uno sport violento e pericoloso, finendo sulla cronaca di tutta Italia e non solo. Un giovane da solo in mezzo al campo, inseguito da altri giovani per linciarlo, stile far west. Non è il calcio che vogliamo, e se chi li deve educare ha fallito, ora è giusto che i colpevoli paghino severamente per i gravi errori commessi. Lo si deve agli arbitri vittime di aggressioni, lo si deve al calcio, e soprattutto lo si deve ai tanti giovani che praticano questo sport e che devono divertirsi e osservare le regole. LUIGI SAITTA