«Ho scelto di non accettare la prescrizione e di impugnare la sentenza. Nel processo sul Cara di Mineo voglio dimostrare la mia innocenza di fronte a fatti assolutamente chiari dal primo momento. Del resto, la condanna l’ho già scontata: 11 anni di gogna mediatica e politica. Tonnellate di fango addosso a me». Ma perché, onorevole Castiglione? In Italia la prescrizione è come il caffè al bar: non si rifiuta mai. «Avevo chiesto il giudizio immediato senza udienza preliminare. Si parva licet… Di recente, nel “Dantedì” ho riascoltato i versi della lettera a un fiorentino in cui il poeta oppone un suo sdegnoso rifiuto, dopo quindici anni di esilio, a quell’amnistia con ammenda e pubblica penitenza, che sarebbe equivalsa a un’ammissione di colpevolezza». Lei al Cara ritiene di non aver sbagliato nulla. Nemmeno sulla scelta del coimputato Odevaine? «La nomina del dottor Odevaine a capo della commissione di gara fu accolta da un coro trionfale: forze di polizia, magistratura, opinione pubblica. Già capo di gabinetto di Veltroni, direttore della polizia provinciale di Zingaretti, lettera di apprezzamento del commissario Gabrielli… Trattavasi invece di un delinquente con la patente di persona perbene». Alla fine, però, nella palude di Mineo è rimasto invischiato soltanto lei. «Tutte le persone a vario titolo protagoniste di quest’inchiesta hanno assunto cariche agli altissimi vertici dello Stato: Gabrielli capo della polizia, Salvi procuratore generale della Cassazione. Ma nessun mea culpa. Avevo chiesto il rito immediato e del processo s’è celebrato un numero di udienze che si conta nel palmo di una mano… Tanto la mia “condanna” era arrivata sui giornali e in parlamento, fra paginate di intercettazioni, pressing per cacciarmi da sottosegretario e commissioni d’inchiesta ad hoc. Come non ricordare un personaggio da circo come Di Battista, che chiedeva ai colleghi grillini di non rivolgermi la parola “perché lo stanno arrestando”». L’inchiesta ipotizzò un beneficio elettorale per lei e per l’Ncd di Alfano. Magari in questo caso l’ultima prescrizione subentrata le tornerebbe utile… Ma di cosa parliamo? Allora, premesso che non mi è mai stato contestato un solo euro a qualsiasi titolo percepito, le accuse di corruzione elettorale sono evidentemente infondate: nel 2013 fui candidato del Pdl in un collegio di due milioni e mezzo di elettori e Mineo fa 3mila abitanti: non ci sono mai passato. Ncd nasce nell’ottobre 2013, alle Europee del 2014 io non ero candidato e comunque non ci fu scostamento di voti a Mineo. Se proprio dobbiamo dare letture politiche, ce n’è una che sono certo le interesserà». La esponga e poi ne parliamo. «Mi piacerebbe, avendo letto e riletto Palamara, capire cosa sia successo effettivamente in quel turbinio di nomine a Catania. E il perché di quelle aggressioni giudiziarie a tutta la compagine di governo dell’Ncd: Castiglione, Vicari, Gentile… Era forse l’anello debole per fare fuori il governo Renzi? Ricordo le uniche intercettazioni uscite: “Colpendo Castiglione, cade il governo”». Sta gridando al complotto? «Non è mia abitudine gridare, né evocare complotti. Metto assieme fatti: a Catania l’indagine a mio carico fu riaperta dal procuratore Salvi, dopo che il predecessore Patanè l’aveva archiviata, cambiando pm e ufficiali di polizia giudiziaria. Io l’“avviso” lo ricevetti dal suo giornale, ma poi, leggendo gli atti, ho scoperto che la riapertura del fascicolo fu dovuta alla mail di un collega del Pd, Giuseppe Berretta, allora sottosegretario alla Giustizia. Sosteneva di “aver appreso”, a Ramacca “nelle sezione del suo partito”, che al Cara di Mineo c’erano gravi irregolarità».
Politicamente ha pagato un prezzo molto caro. «Sono stato massacrato. Una vita spesa con un’ineccepibile condotta morale, travolta da un’inchiesta che ha presentato enormi falle soprattutto sul mio conto. Ho detto che mi sarei dimesso in caso di condanna e non per un avviso di garanzia. Ma il processo, che io avrei voluto si celebrasse “con giudici per davvero” per citare la novella “Libertà” di Verga, c’è stato solo sui giornali e nei corridoi dei palazzi. Quello in aula è durato 11 anni senza la verità che io continuo a pretendere: Castiglione è innocente». Cos’è cambiato in lei dopo questa storia? «Non certo la “coglionaggine”, mi passi il termine, in una fase storica in cui le ruberie sono pratiche quotidiane, di voler difendere l’ onore e l’autorevolezza che mi hanno sempre consentito di svolgere gli incarichi pubblici con trasparenza e determinazione. Al Cara di Mineo come ovunque. Dopo 11 anni il certificato di carichi pendenti finalmente attesta l’assenza di procedimenti penale mio carico. Non ce l’avrei fatta senza la mia famiglia e i tanti amici che hanno sempre creduto nel mio rigore morale. Non posso nascondere il sollievo. Sono sereno. Per me si apre una fase nuova, ma le cicatrici rimangono». Mario Barresi Fonte “La Sicilia” del 06-04-2025