È cominciato ieri mattina, con le questioni preliminari, davanti alla quarta sezione della Corte d’assise di Catania (presidente Nunzio Trovato), il processo ai tre presunti autori dell’agguato ai fratelli originari di Bronte, Giuseppe e Carmelo Destro, che il 26 febbraio dell’anno scorso, in contrada Giurfo, nel territorio di Licodia Eubea, furono raggiunti da diversi colpi sparati con fucili a pallettoni. Il primo, 49 anni, morì sul colpo, mentre il secondo, 60, rimase a lungo fra la vita e la morte, riuscendo infine a salvarsi, trasformandosi così nel grande accusatore degli attuali imputati. I tre alla sbarra, finiti dentro dopo una serie di indagini da parte dei carabinieri della Compagnia di Caltagirone con il coordinamento della Procura calatina, sono gli allevatori pregiudicati Sebastiano e Salvatore Montagno, di 72 e 73 anni (non sono parenti), e il figlio del primo, Nuccio Nunzio Montagno, 41 anni, tutti originari di Tortorici, ma da tempo residenti a Vizzini. I tre sono accusati di omicidio e di tentato omicidio aggravati dalla premeditazione e dall’avere agito per motivi abietti o futili, ma anche di possesso abusivo di armi e munizioni.
A rivelarsi decisive nel corroborare il quadro accusatorio sono state le dichiarazioni del fratello scampato all’agguato, che li indica come i responsabili del “raid”. I loro legali – l’avvocato Massimo Alì per Sebastiano e Nuccio Nunzio Montagno, gli avvocati Francesco Antille e Domenico Acciarito per Salvatore Montagno – sostengono, invece, la loro estraneità ai fatti, ritenendo che le affermazioni del testimone – chiave sarebbero state, in più di una circostanza, contraddittorie e pertanto non credibili. Il processo – le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Concetta e Katia Ceraldi – riprenderà il prossimo 31 maggio per il conferimento dell’incarico a un perito che dovrà occuparsi di trascrivere il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali che riguardano per lo più autovetture nella disponibilità della famiglia delle vittime.
Le modalità dell’attacco armato e l’utilizzo dei pallettoni indussero gli inquirenti a escludere presto la pista dell’assassinio d’impeto, da parte, per esempio, di un proprietario terriero che avrebbe così reagito a presunti soprusi subiti ad opera dei due fratelli, e a propendere invece per la tesi del regolamento dei conti maturato negli ambienti degli allevatori. Il movente, come sostenuto dalla Procura, sarebbe pertanto da circoscrivere alla lotta in corso tra diverse famiglie di allevatori per il controllo del territorio rurale del Calatino. MARIANO MESSINEO Fonte “La Sicilia” del 25-05-2019