I familiari e gli amici le saranno a fianco ancora una volta in pomeriggio, alle 15,30, nella chiesa dei Cappuccini, in via Plebiscito. Poi Sonia Sicari se ne andrà per sempre. E per i suoi genitori, per sua sorella, la vita non sarà più la stessa. Nell’ultimo saluto non avrà vicini gli amici che erano con lei durante il terribile impatto, quando la Mercedes guidata da un loro coetaneo si è scagliata contro di loro a folle velocità. I cinque amici con cui aveva trascorso la sera per festeggiare i 18 anni di uno di loro sono tutti in ospedale e due sono gravi, in prognosi riservata. Uno di loro, non ancora maggiorenne, è ricoverato nella rianimazione dell’ospedale Vittorio Emanuele in prognosi riservata. Nell’impatto ha riportato numerosi traumi e ha una contusione polmonare che i medici affrontano con la ventilazione artificiale e tenendolo in coma farmacologico. Un’altra amica di Sonia, 18 anni, è stata operata d’urgenza al Vittorio Emanuele per gravi problemi addominali, e poi portata alla rianimazione del Santo Bambino dove è sedata e respira attraverso un ventilatore polmonare. Ha riportato fratture in tutto il corpo e i medici attendono gli esiti delle prossime Tac per sciogliere la prognosi. Le amiche stazionano fuori dalla rianimazione, le fanno coraggio, sperano che ce la faccia. Alcune sono compagne di scuola, l’istituto Savoia dove la ragazza ferita frequenta l’ultimo anno del liceo linguistico. Le compagne raccontano il suo amore per il ballo, per la musica house, rievocano l’esperienza fatta pochi mesi addietro quando, insieme a migliaia di altri ragazzi, ha sfilato per le strade del centro contro la riforma Gelmini. Fatti, abitudini e ricordi che adesso sembrano lontani anni luce. Adesso il pensiero e il desiderio di tutti è che ce la faccia, lei e l’altro ragazzo in condizioni serie. Il desiderio è che ce la facciano tutti, anche gli altri feriti, tre ragazzi di Bronte. Intanto oggi, in piazza Verga, si terrà l’udienza di convalida dell’arresto di Diego Pappalardo che verrà interrogato dal gip Antonella Romano. Attualmente si trova detenuto per il reato di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, ma dovrà rispondere anche di omicidio colposo e lesioni gravi. Sarà il pubblico ministero Alessia Natale a decidere se Pappalardo dovrà restare in carcere anche per la morte di Sonia Sicari. Infatti, nel momento in cui il magistrato aveva firmato il primo provvedimento a carico del giovane (sabato mattina), la ragazza non era ancora morta e la posizione di Pappalardo era, da un punto di vista giudiziario, più “leggera”.
R. Cr. Fonte “La Sicilia” del 26-01-2009
IL PADRE DELL’INVESTITORE “Il rimorso accompagnerà mio figlio per tutta la vita”
Il giorno dopo in casa di Sonia Sicari è silenzio. Non hanno ancora scelto un avvocato, non sanno neppure chi è il magistrato che si occupa del caso. Non sanno e non vogliono sapere. Non ora. «Prima – dice la madre soffocando il pianto – dobbiamo sistemare la bambina. E’ ancora in ospedale». Ha un attimo di esitazione e un’ultima premura materna. «La salutiamo lunedì, alle 15,30, ai Cappuccini». E anche un’altra famiglia preferirebbe restare in silenzio, preferirebbe non dovere rendere pubblico il proprio dolore: la famiglia di Diego Pappalardo, il giovane che non si è fermato all’alt dei carabinieri, che ha premuto l’acceleratore sulla Mercedes e travolto la Ford Fiesta sulla quale viaggiavano sei ragazzi. Tra loro c’era anche Sonia, sua coetanea. Sonia che frequentava la sua stessa facoltà e lo stesso indirizzo: economia aziendale. Sonia che, dopo un mese a sgobbare sui libri, superati alcuni esami, si era concessa una festa per i 18 anni di un amico. «Se solo si potesse tornare indietro. Se ci fosse un modo perché la ragazza tornasse alla sua famiglia. Una follia di un secondo ed è esplosa una bomba atomica». Giuseppe Pappalardo è il papà di Diego. Imprenditore, presidente della Jonica, è una persona nota in città. Sollecitato a farlo, non si sottrae al confronto, ma non vuole parlare al telefono. Vuole mostrare la propria faccia, la faccia di «una persona normale, una persona che lavora, che ha una famiglia unita, che ha dei valori». «Mia moglie ed io siamo distrutti. Questa è una disgrazia terribile, anche per noi. Abbiamo cercato di dare ai nostri due figli il senso della vita, il senso di responsabilità, abbiamo cercato di dare l’esempio e abbiamo sperato che la nostra semina avesse potuto avere frutto. E ora questa tragedia… Penso alla ragazza che non c’è più, agli altri feriti, alle famiglie sconvolte… Mi creda, provo un grande dolore per loro, m’immedesimo, sono genitore anch’io. Anche mio figlio poteva non esserci più. Penso tante cose, tutte terribili». La notizia l’ha appresa direttamente dal figlio ventenne, alle 4,30 di sabato mattina. Gli ha telefonato dalla caserma di San Giuseppe la Rena dove era stato portato dai carabinieri. Lo ha raggiunto subito e lì ha saputo della gravità dell’incidente, ma non ne poteva, non ne voleva, immaginare l’immane portata. «Eravamo sotto choc. Le informazioni sullo stato dei ragazzi arrivavano poco a poco… E’ stato terribile». Della morte di Sonia ha saputo soltanto nel pomeriggio «e Diego era già…». Pippo Pappalardo si ferma. Quella parola, carcere, non riesce a pronunciarla. «Mi è crollato il mondo. Come è potuto succedere? Con mia moglie siamo andati da un sacerdote amico per avere una guida, per capire che cosa possiamo fare, come dobbiamo comportarci, come potremmo rapportarci, quando e se sarà possibile, con le famiglie dei ragazzi. Solo la fede ci può aiutare ad affrontare tutto questo». E suo figlio, come ha reagito? «Non so se ha saputo della tragedia, non so se lì hanno il televisore, se possono leggere i giornali. Io non posso telefonargli, ma lo conosco. Sarà distrutto dal rimorso, un rimorso che si porterà per tutta la vita». E’ consapevole di tutta la gravità dell’accaduto, ma, da padre, ci tiene a dire che suo figlio «è un ragazzo come gli altri, un ragazzo che ama lo sport, che gioca a pallone, che fa nuoto, che va a sciare e il fine settimana a ballare. Ed ha un forte senso dell’amicizia e della responsabilità. Questi valori li ha visti in noi, nei suoi genitori, da tutta una vita. E’ cresciuto con noi. Abbiamo due figli. Per loro abbiano lavorato, abbiamo pregato, abbiamo dato l’esempio ogni giorno con il nostro modo di vivere». Poi la perdita del controllo, lo schianto, la morte. Cos’è successo? «Aveva bevuto e ha avuto paura, paura di una punizione, di vedersi levati i punti dalla patente. Non so… E’ scattata una molla che non era mai scattata prima. Mi creda, vorrei che questa domenica non finisse mai. Da domani, per noi, inizia una strada che non avremmo mai immaginato di dover percorrere».
Fonte “La Sicilia” del 26-01-2009
OMICIDO COLPOSO & ALCOL Legge cambiata rischia dai tre ai dieci anni
Diego Pappalardo, accusato di omicidio colposo e lesioni colpose (oltre a lesioni e resistenza a pubblico ufficiale), rischierebbe una condanna dai tre ai dieci anni di carcere. È quello che prevede il codice penale solo per il reato di omicidio colposo aggravato dallo stato di ebbrezza alcolica.
Il reato di omicidio colposo, regolato dall’articolo 589 del codice penale è stato modificato proprio l’anno scorso dalla legge in materia di sicurezza pubblica (la n. 125 del 24 luglio 2008). La legge ha, infatti, aumentato le pene previste per le aggravanti sia per quanto riguarda l’omicidio colposo che le lesioni colpose. Prima la pena prevista per i casi di omicidio colposo in caso di incidente stradale era la reclusione da uno a cinque anni, adesso dai tre ai dieci anni se la persona responsabile dell’incidente è in stato di ebbrezza alcolica (il caso di Diego Pappalardo). Se, invece, si parla di lesioni personali colpose (art.590), la punizione prevista è la reclusione fino a tre mesi, per lesione grave, da uno a sei mesi, per lesioni gravissime da tre mesi a due anni. Anche in questo caso se c’è di mezzo l’alcol la pena per le lesioni gravi aumenta: da sei mesi a due anni, e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. C’è da dire che la posizione di Diego Pappalardo, al momento, è ancora da definire. Il pm, infatti, che ha sul suo tavolo i risultati delle analisi al sangue (il ragazzo non si è sotratto al prelievo ematico previsto in questi casi) potrebbe decidere di inasprire l’accusa nei suoi confronti. Ma sono tutte valutazioni che pm (e poi gip) potranno fare solo oggi, dopo l’interrogatorio dell’indagato.
Carmen Greco fonte “La Sicilia” del 26-01-2009
RIFLESSIONI
Le parole sono dei padri. I padri che danno le regole, i padri che danno la voce ai figli che non possono, a Sonia che non c’è più, a Diego che è in carcere per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Due storie diverse, lontane, che si sono incrociate, nel sangue, in via Rocca Romana.
Il papà di Sonia piange la figlia che non tornerà più a casa. La figlia che ha cresciuto e fatto studiare con tanti sacrifici, una figlia bella, capace e affettuosa, una figlia che aveva tutta la vita davanti e che amava la vita. Tranciata da un’auto lanciata a folle velocità, spezzata da un ragazzo che aveva bevuto troppo e non ha saputo controllare le proprie reazioni. Una tragedia per la quale il padre chiede giustizia, una giustizia che per lui si traduce in una pena pesante, esemplare, una pena che, però, il codice non prevede. Il papà di Diego piange per una vita spezzata, per le altre appese ad un filo, per la sofferenza delle famiglie, ma piange anche per il proprio figlio, per la devastazione che ha provocato «per uno scatto incontrollato, per un’assurda paura». Sa bene che il suo dolore non è comparabile con quello di chi il figlio l’ha perso, e per colpa del proprio. Lo sa perché è padre anche lui, eppure, proprio per questo, con pudore, con timore, chiede comprensione anche per il proprio ragazzo. Due strazi diversi, incommensurabili, ma paralleli. Un dolore che s’incrocia ogni volta che un ragazzo ne «uccide» un altro con una moto o un’auto lanciata a velocità o non controllata per eccesso di alcol e di sballo. E sono eccessi «normali» per tanti ragazzi, comportamenti che sono diventati abitudini date per scontate. «E’ un ragazzo come tutti gli altri», ripetono i padri dei figli che «uccidono». Sì, sono ragazzi come gli altri e il dramma è proprio questo: pensare che questi comportamenti, e i modelli e la cultura che sottendono ed esprimono, siano immodificabili. E questa è anche responsabilità dei padri. E’ nostra responsabilità.
P. L. Fonte “La Sicilia” del 26-01-2009
L’AFFETTO DEGLI AMICI SU FACEBOOK “Il suo ricordo il meglio della vita”.
I ragazzi di «Facebook» piangono. Anche Sonia Sicari, come gran parte dei suoi coetanei, aveva un profilo su «Faccialibro» e attraverso questa sorta di piazza virtuale incontrava gli amici, fissava qualche appuntamento, discuteva dello studio e dei propri interessi. I suoi amici, così – da quelli più cari e quelli che sentiva di rado – appresa la tragica notizia hanno voluto lasciare in bacheca una testimonianza di questa tragedia assurda. Chi con parole profonde e chi con poche e crudissime battute, chi con frasi curate e chi con altre piene zeppe di quei termini che tanto di moda vanno soprattutto sui messaggini telefonici: termini tronchi, abbreviati, modificati o inventati di sana pianta, infarciti di «k» al posto di «ch», ma che ormai sono comprensibilissimi per tutti e che, particolare non da poco, ti consentono di «risparmiare» sul testo, di non sforare e, quindi, di non spendere quei centesimi che ti verrebbero addebitati componendo un messaggio un po’ più lungo. Mary, ad esempio, si rivolge forse a Sonia, certamente all’altra ragazza rimasta ferita: «Arrivederci bimbetta.. stellina nn m fare qst.. noi c siamo e pure tu ti pregoooooo… lottaaa x noi amu t adorooooo». Certamente più diretto Manlio: «ke destino di merda ke ti ha riservato la vita…addio piccola sonietta…»; frase cui fa eco la considerazione di un’amica, Carla: «mamma mia nn sapevo dell’incidente!!!!m dispiace da morire gioia!!!!:(:(:(…».Un frase in cui le parentesi, unite ai segni di punteggiatura, spiegano in questo nuovo linguaggio degli anni Duemila gli stati d’animo di chi scrive. Tristezza in questo caso. Infine la considerazione più poetica, di Alessio: «dalla sua memoria, sceglie il meglio della vita, e del suo veloce volo, che finisce, come sempre accade, troppo presto. Addio, Sonia». Già, addio!
c. m. Fonte “La Sicilia” del 26-01-2009