Aveva messo in campo tutta la propria competenza di ingegnere informatico per conquistare una ragazza. Lui di Catania, lei di Bronte. E percorreva 120 chilometri, andata e ritorno, quasi tutti i giorni, rimettendoci pure i soldi della benzina, con grandi sacrifici economici, visto che era disoccupato e squattrinato. Agli anziani genitori della ragazza faceva credere di essere benestante al punto che, per accattivarsi la loro stima, si offriva di pagare di tasca propria le bollette dell’acqua; si faceva dare i bollettini e poi glieli restituiva col bollo delle Poste. Fin qui la storia potrebbe apparire persino banale se non fosse per il fatto che il giovane quelle bollette non le aveva mai pagate, ma anzi – come ha avuto modo di appurare la polizia postale di Catania – ne aveva falsificato i timbri. Gli importi, è vero, non erano salati, roba di 30-50 euro alla volta, ma lui comunque quei soldi non li aveva e allora aveva realizzato, usando software grafici, le impronte dei timbri di Poste Italiane, stampandoli di volta in volta sulle bollette per simularne l’avvenuto pagamento. Ma la magagna è venuta fuori diversi mesi dopo, nell’aprile scorso, quando i «suoceri» hanno rischiato di restare coi rubinetti a secco per morosità. Così l’ingegnere, oltre ad aver perso l’amore, è stato denunciato per contraffazione di impronte di pubblica certificazione e truffa allo Stato.
Fonte “La Sicilia” del 06-06-2010