Prima era soltanto paura, adesso è diventato terrore. Ciò da quando un branco di dieci cinghiali ha aggredito il signor Emanuele Russo, allevatore quarantaduenne originario di Tortorici, che a Cesarò, in pieno Parco dei Nebrodi, vorrebbe avviare un’attività agrituristica ristrutturando una vecchia proprietà di famiglia. «Questi terreni erano di mio nonno – racconta – e io, dopo avere lavorato lontano dall’Italia e poi in Toscana, adesso voglio fare proprio qualcosa in questa terra». «Ma – sospira – c’è un “ma”. La casa da ristrutturare dista venticinque metri circa da un bosco in cui dimora un branco di cinghiali. Lo stesso che alcuni giorni fa mi ha aggredito, costringendomi a ricorrere alle cure ospedaliere. E lo stesso è accaduto in precedenza a mio padre: lui è stato morsicato a un ginocchio, io a due dita della mano, di cui uno oggi è a rischio. Entrambi siamo costretti da giorni a frequentare, per cure specifiche, la chirurgia plastica».
A lei cosa è successo? «Erano quasi le 19, ovvero un orario in cui loro cominciano a venire fuori dal bosco. La presenza dell’umano? Una volta li faceva fuggire, oggi se ne infischiano. Sanno di essere i padroni. Io ho due mucche gravide che la sera porto in un recinto attaccato alla casa, loro, i cinghiali, hanno creato un varco nella rete e sono entrati». «Ho sentito il cane abbaiare e sono intervenuto – prosegue – urlando con l’intento di metterli in fuga. Il capo branco mi ha puntato ed è riuscito a morsicarmi. Per fortuna sono intervenuti i miei amici, che urlando e tirando pietre li hanno fatti scappare. Non so come sarebbe finta, altrimenti. Aggiungo che non si tratta neanche della prima volta. In un’altra circostanza sono stato costretto a scappare sul tetto e il branco è andato via quando con una pietrata sono riuscito a colpire il capo. Ma non può andare sempre così».
Ha pensato ad armarsi? «Io sono già armato, ma queste bestie sono protette qui al Parco dei Nebrodi e quei pochi contributi che prendo per la mia attività di allevatore mi verrebbero tolti se solo sparassi a un cinghiale oppure puntassi uno dei tanti maialini che invadono questa zona, provocando danni incalcolabili. La verità è che siamo impotenti a fronte di questa situazione, anche se adesso non possiamo più tacere. Qui intorno ci sono anche branchi di “cani di mannara” che cercano cibo e c’è pure un toro di almeno una tonnellata, scappato chissà da dove, che si è inselvatichito: questo animale è nelle condizioni di ribaltare una jeep».
Qual è la soluzione, allora? «So di essere impopolare e che qualche animalista storcerà il muso, ma non si può essere così ciechi da non comprendere che serve ristabilire un diverso equilibrio, anche qui al Parco, riducendo il numero di questi animali. Magari come si fa in Toscana: lì si autorizzano periodicamente gruppi di 20-25 cacciatori che, sotto il controllo di un forestale, sono autorizzati a cacciare un solo capo. Questo può servire ad evitare il sovrappopolamento di quest’area. E lo stesso vale per il branco di oltre 200 maialini neri selvatici che io stesso ho potuto filmare. Attenzione, sono un amante degli animali, le mie mucche vengono controllate periodicamente anche per evitare la presenza di zecche di cui soprattutto i cinghiali sono pieni, ma così non si può più andare avanti». E come Emanuele Russo la pensano tante altre persone che vivono in quella fascia di territorio. Le stesse che, riunite dal signor Salvatore Fabio, hanno avviato una raccolta di firme che al momento ha raggiunto quasi quota 150, ma che si spera possa crescere ancora.
Nell’occasione è stato approntato un vero e proprio esposto avente per oggetto “Emergenza suini e cani randagi – Istanza di adozione degli atti necessari e/o avvio procedure necessarie a risolvere e/o contenere e/o gestire situazione emergenziale ex L.R. n. 33/1997 – L.R. n.18/2015 e succ.mod.e integ.”, che è stato inviato al Comitato regionale faunistico venatorio dell’assessorato regionale all’Agricoltura, allo Sviluppo rurale e alla Pesca; all’assessorato regionale al Territorio e all’Ambiente; all’assessorato regionale alla Salute; ai prefetti di Messina ed Enna; al presidente del Parco dei Nebrodi; ai sindaci di Cesarò, San Teodoro e Troina. Si chiede di fare presto, anche tenendo in conto il tragico incidente avvenuto qualche giorno fa in provincia di Catanzaro, dove una ragazza è stata attaccata e sbranata da cani randagi. E forse, al di là delle tante emergenze di questa terra, si tratta di un intervento doveroso e non più rinviabile. Concetto Mannisi Fonte “La Sicilia” del 13-09-2021